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Giorgio Gori, l'elogio di Feltri: "Pure a sinistra c'è chi è stufo delle idiozie del Pd"

Giorgio Gori

Vittorio Feltri
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Alcuni giorni orsono Libero ha pubblicato un servizio dedicato a Giorgio Gori, sindaco di Bergamo da parecchi anni, eletto nelle liste della sinistra. Nell'articolo egli sosteneva che non esiste alcun pericolo di un ritorno del fascismo né del comunismo, del resto, buoni soltanto a rinfocolare vecchie polemiche insensate. Il primo cittadino orobico è l'unico progressista che compia un discorso politico sensato e privo di risentimenti gratuiti. Leggere le sue parole, tuttavia, non mi ha stupito più di tanto dal momento che conosco la persona da trent' anni e so di che pasta è fatta. La verifica che Gori sia intelligente la si evince dalla constatazione che la città che amministra, e dove è nato, è un giardino, ossia pulita, decorosa, ben tenuta come poche altre. Meraviglia che un uomo così avveduto non venga sfruttato dal Pd, non si capisce perché il suo partito non gli affidi incarichi nazionali. D'altronde non è una novità che la gente capace intimorisca i fessi che hanno in mano il timone del Paese e venga tenuta a distanza dalla stanza dei bottoni o dei bocconi, come preferite. Mi imbattei in Giorgio quando era poco più di un ragazzo, era sveglio e intraprendente. Studente di architettura, collaborava con una radio cittadina di cui ero comproprietario. Compresi al volo che egli aveva talento da vendere, benché mi apparisse piuttosto saccente.

 

 

 

In effetti, allorché, assunta la direzione di Bergamo Oggi, lo ritrovai sulla mia strada, molto tempo dopo, nel 1993, Giorgio era cresciuto ma era cresciuta altresì la sua supponenza. Gori era praticante giornalista, disponeva di una buona scrittura, però gli era rimasto il vizietto di occuparsi professionalmente in netta prevalenza dei partiti di sinistra, trascurando la Dc e, in genere, i gruppi dichiaratamente anticomunisti. Io mi arrabbiavo. Cercavo di spiegargli che un giornale di provincia non può sbilanciarsi verso una ideologia infischiandosene degli avversari, altrimenti, anziché guadagnare lettori, finisce per perderne. Eppure il futuro sindaco continuava a comportarsi di testa sua, finché un brutto giorno montai su tutte le furie e lo licenziai d'impeto. Me ne pento ancora. Da notare che Gori è stato il primo e ultimo giornalista che io abbia buttato fuori da una redazione, e faccio presente di aver diretto otto testate, alcune molto importanti. Nonostante questo increscioso episodio, mantenni cordiali rapporti con il giovanotto in compagnia del quale ogni sabato giocavo a calcio sul campo di un oratorio. Mandare a spasso un collega mi ripugna. E l'eccezione conferma la mia regola. Ma, a conti fatti, il licenziamento non ha danneggiato l'attuale sindaco, anzi lo ha lanciato. Tanto è vero che, dopo l'allontanamento avvenuto ad opera mia, egli fu assoldato nella troupe televisiva di Silvio Berlusconi, della quale rapidamente divenne leader. Una carriera la sua che mi lasciò di stucco, sia per la celerità della ascesa sia per i risultati eccellenti da Giorgio ottenuti. A un certo punto egli era il capo di tutto l'ambaradan del Cavaliere. Fu Gori a portare in Italia uno dei programmi tv di maggior successo di pubblico: Il Grande Fratello. In tal modo confermò di essere un fuoriclasse e per lungo tempo rimase al vertice della Fininvest, fino a quando non decise di mettersi in proprio fondando una importante casa di distribuzione.

 

 

 

Insomma, Gori, pur essendo ancora molto giovane, salì molto in alto nei valori imprenditoriali del nostro Paese. Poi la svolta politica. Circa otto anni addietro ricevetti una telefonata da un dirigente di Forza Italia che mi proponeva la candidatura a sindaco di Bergamo, incarico che non mi allettava sebbene nascosi la mia riluttanza per non risultare arrogante. Quando poi appresi che il mio rivale sarebbe stato Giorgio, mi spaventai e il mio "nì" si trasformò in un secco "no". Ero conscio che contro quel personaggio non avrei avuto chance. D'altronde io fatico a governare la mia famiglia, figuriamoci un municipio. In effetti, le elezioni le vinse Gori con le mani in tasca. La sua amministrazione si è rivelata la migliore, la più efficiente del dopoguerra. Ecco perché mi domando come mai quel vanesio di Enrico Letta non abbia pensato di prendere con sé il sindaco orobico, che, trovandosi oramai verso la fine del secondo mandato, non potrà aggiudicarsi il terzo, e non si afferra la ragione di tale limitazione assurda. Se hai finalmente un collaudato politico cui affidare la guida di una città è da cretini eliminarlo dopo due esperienze positive al vertice della giunta comunale. Un mistero tragico. Sono costernato. La famiglia Gori è straordinaria. Un fratello di Giorgio, Andrea, è medico famoso, specialista in malattie infettive, e opera al Policlinico di Milano, in qualità di primario. Lo cito con gratitudine poiché di recente ha contribuito a salvarmi la pellaccia insidiata da una malattia che di norma non perdona. Cosicché sono ancora qui a rompere le palle a tutti voi. 

 

 

 

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