Mafia: Totò Riina, il boss con l'ossessione del pm Di Matteo/Scheda
Palermo, 17 nov. (AdnKronos) - “Lo faccio finire peggio del giudice Falcone. Lo farei diventare il tonno buono”. Era il dicembre del 2013 e il boss mafioso Totò Riina chiacchierava in carcere con un altro detenuto, durante l'ora di socialità. Il destinatario di quelle minacce di morte era il pm antimafia Nino Di Matteo, allora sostituto procuratore a Palermo e oggi pm della Direzione nazionale antimafia. Un tarlo fisso, quello di uccidere il pm Di Matteo, per il boss di Corleone, arrestato il 15 gennaio del 1993 a Palermo dopo quasi un quarto di secolo di latitanza e morto alle 3.37 di questa notte nel reparto detenuti del carcere di Parma. Ma non era l'unica minaccia a distanza inviata a Di Matteo. Sempre dal carcere erano arrivati diversi ‘siluri' al magistrato, oggi il più scortato d'Italia. "Organizziamola questa cosa - sussurrava con tono deciso - facciamola grossa e non ne parliamo più, perché questo Di Matteo non se ne va. Dobbiamo fare un'esecuzione come quando c'erano i militari a Palermo", aveva detto al suo commilitone in un'altra conversazione intercettata in carcere. Nell'estate 2017, dopo un ulteriore peggioramento delle sue condizioni di salute, i legali di Riina avevano chiesto al Tribunale di sorveglianza di Bologna il differimento della pena. Richiesta bocciata. Pochi giorni prima, durante un'udienza del processo sulla cosiddetta ‘trattativa' tra Stato e mafia, era stato lo stesso pm Di Matteo a non credere alle gravi condizioni di salute di Riina e a ribadire in aula: “Totò Riina è perfettamente lucido”.