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Bullizzato da baby gang, don Dario: "Siamo tutti coinvolti"

Taranto

AdnKronos
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Taranto, 27 apr. (Adnkronos) - di Silvia Mancinelli "Giovani, anziani: siamo tutti coinvolti. Siamo senza Dio, e quando la luce di Dio non abita più dentro di noi ci trasformiamo, il male lo facciamo diventare bene. Ci sentiamo forti e invece siamo nulla. Siamo niente. Non sappiamo nemmeno rispettarci. Nemmeno ci sentiamo fratelli". Sono parole durissime quelle con le quali don Dario De Stefano rompe il silenzio che per tutto il giorno lo ha protetto dal commentare le aggressioni subite da Antonio Cosimo Stano dalla baby gang. Lo fa durante la messa delle 19 nella parrocchia don Bosco, proprio davanti alla casa del 66enne morto il 23 aprile, dopo 18 giorni di ricovero all'ospedale Giannuzzi. Domani ci sarà una veglia alle 20.15 nella parrocchia Don Bosco a Manduria per ricordarlo, mentre i funerali si terranno lunedì alle 10 nella chiesa del Rosario, sempre a Manduria. La vittima di minacce, lesioni e percosse violente era un parrocchiano di don Dario, un uomo conosciuto in paese. Lo conosceva bene il giovane parroco, tra i firmatari dell'esposto, presentato nel commissariato di Manduria dai vicini di casa di Stano contro i raid dei bulli. "Ogni giorno i fatti di cronaca ci dicono che abbiamo bisogno dell'amore di Dio per aiutarci, per sentirci fratelli. Come Tommaso - continua dal pulpito don Dario - che riconosce di appartenere a Gesù, parte essenziale di sé, senza la quale non può vivere. Che possiamo fare anche noi tutti la sua stessa esperienza, il percorso di fede, anche quando la fede è faticosa". 17ENNE: VIDEO PER RIDERE, MAI TOCCATO - "Io non l'ho mai toccato, ero nella chat, anzi nelle chat. Ma era solo per ridere che facevamo girare quei video, mica lo volevamo morto". Il ragazzino senza barba non somiglia ai soliti bulli, parla in dialetto stretto a tratti incomprensibile, mentre racconta delle chat su WhatsApp che raccoglievano i video e i messaggi sul "pacciu", il "matto" del paese. Era il loro divertimento Antonio Stano, e ora che è morto i ragazzini allargano le braccia e si dicono increduli. Pure lui, che 17 anni ancora non li ha compiuti e dopo scuola gioca a calcio. Il "leader" del branco è poco più grande di lui, ma non ancora maggiorenne, nei filmati che il ragazzino mostra, ma non vuole inviare, ruba il televisore in casa della vittima. Ma lui no: lui è uno di quelli che davanti ai poliziotti e agli inquirenti giura: "Ho sbagliato, non mi rendevo conto del male che stavamo facendo, non ho avuto la forza di fermarli perché, in fondo, lo facevano tutti". "Papà e mamma lo sapevano dove andavi quando uscivi con gli altri del gruppo?", "No, uscivamo ma io non facevo niente. Passavo il tempo" risponde prima di rientrare in casa, in una stradina dove pure la chiesa è deserta, chiusa, accecata da un sole che qui già scalda come in piena estate. "Gli orfanelli" si chiamavano in una chat su WhatsApp, tutti con una mamma e un papà che li aspettavano a casa, mentre loro si scrivevano in dialetto: "Come lo hanno combinato il pazzo", "Ragà, chi ha preso le trecento euro le tiri fuori". Aggressioni, rapine, danneggiamenti, botte che Stano subiva, secondo tanti a Manduria, addirittura da anni. Se, come ha scritto su Facebook un educatore del vicino oratorio sulla sua bacheca dopo la morte del 66enne: "Personalmente ho ripreso tante volte i ragazzi che bullizzavano il signore, ho chiamato le forze dell'ordine e chiamando i genitori, ma senza risultati. Ora provo dispiacere per l'uomo, ma anche per i ragazzi che, ahimè hanno perso l'occasione di vivere serenamente la propria età come tanti altri. Mi piacerebbe che da queste occasioni i centri come l'oratorio, le strutture di aggregazione sociale, potessero avere una rivalutazione da parte delle famiglie che devono sentirsi scomodate nel bene e per il bene dei propri figli". L'ACCUSA: "MOLTI GENITORI ASSENTI" - "C'è bisogno di una alleanza tra le agenzie educative per accompagnare questi ragazzi. E' una patologia che li prende, sono malati di noia" dice all'Adnkronos, don Dario De Stefano, parroco della chiesa don Bosco di Manduria. "I genitori in molti casi sono assenti, e allora tu fai di tutto - continua il parroco riferendosi alle tante attività per i giovani organizzati dalla chiesa e dall'oratorio - cerchi di organizzare tanto, ma finisci spesso col sentirti impotente. C'è bisogno di dialogo, di una presenza che li faccia sentire accompagnati, custoditi. Ciò che hanno dentro è in alcuni casi, non sempre, vuoto, confusione. Parlandoci li scopro più sensibili e profondi di quanto si possa pensare, ma senza appigli si perdono". Don Dario De Stefano si dice amareggiato per quanto accaduto ad Antonio Cosimo Stano, suo parrocchiano: "Era una persona molto riservata, spesso si chiudeva in casa - spiega - ma è bene fare una distinzione tra ciò che è avvenuto, un episodio gravissimo, e gli scherzi innocui che i più piccoli gli facevano. Io stesso sono intervenuto tantissime volte con loro, ho gridato cercando di riportarli alla calma e quando il vicinato mi ha esposto il disagio che Antonio viveva, ho firmato l'esposto senza pensarci due volte". Si stringe le mani, ha gli occhi lucidi e chiede: "Cosa potevo fare di più? La polizia è venuta più volte - aggiunge - ma sappiamo quanto la legge sia protettiva coi minori. Io - ripete - più che gridare che potevo fare?". Il suo pensiero torna ai ragazzi, ai 14 oggi indagati per reati pesantissimi tra i quali l'omicidio preterintenzionale. "Si sono rovinati la vita quando potevano investirla in qualcosa di buono - dice don Dario -. Quando non c'è la famiglia, il ragazzo si perde e chiunque si sente impotente". GLI ESPOSTI DEI VICINI DI CASA - I vicini avevano segnalato (VIDEO), si erano rivolti alle forze dell'ordine per denunciare i soprusi, subiti troppo spesso da Antonio Cosimo Stano. La prova è in un esposto presentato quando i poliziotti già indagavano al commissariato di Manduria e firmato da 7 residenti di via San Gregorio Magno, la stessa strada dove viveva il 66enne, e da don Dario. "Da alcune settimane, durante le ore serali e le prime ore del mattino - si legge in una prima denuncia - si stanno verificando diversi episodi di atti illeciti commessi da ignoti (circa 5/6 persone) a danno del signor Antonio Cosimo Stano". "Nello specifico - si legge ancora - segnaliamo continui e reiterati danneggiamenti che tali ignoti stanno perpetrando a danno dell'abitazione (...) con lancio di pietre e oggetti vari al prospetto dell'abitazione e dando calci e colpi diretti alla porta d'ingresso e agli infissi della medesima casa". Secondo quanto denunciato dai residenti, la vittima aveva confessato loro quanto stava subendo: "Il signor Stano, da quanto ci ha riferito, ha subito altresì vessazioni, soprusi e lesioni anche fisiche da parte di questi soggetti, i quali in una occasione sono anche riusciti a introdursi in casa. Tale condotta illecita, lesiva della sicurezza e della quiete pubblica, cagiona, inoltre, stati d'ansia, malessere e agitazione soprattutto nei minori residenti nel vicinato". In basso foto Adnkronos. URLA IN PIENA NOTTE - "In piena notte sentivamo urlare. Erano grida strazianti, terribili. La sera tardi e in piena notte. Mia moglie e con lei altri 7 residenti di via San Gregorio Magno e don Dario, ha così presentato l'esposto, per paura soprattutto, ma anche per tutelare quel povero Cristo". A raccontarlo all'AdnKronos è Cosimo, che abita due cancelli più avanti rispetto all'abitazione di Stano, al civico 8. "Non tutti hanno voluto firmare, ma noi non ce la siamo sentita di restare inermi". LA DENUNCIA DEL VESCOVO - "Segnalammo ad alcuni genitori quanto accadeva, la situazione si conosceva. Non avemmo risposte". E' quanto ha detto all'AdnKronos il Vescovo di Oria Vincenzo Pisanello (VIDEO). "Anche il parroco, don Dario, era intervenuto più volte sebbene negli ultimi tempi, con l'oratorio in ristrutturazione, non abitasse più lì. C'è un problema di emergenza educativa e la responsabilità è di tutti". IN CASA I SEGNI DEL RAID - A Manduria di Antonio Cosimo Stano resta il silenzio che lo ha accompagnato negli ultimi anni di vita. Il traffico in via San Gregorio Magno, che imperturbabile scorre davanti alla sua casa, non sa nulla di lui. Impressi sul legno del suo portone, dietro il quale sognava di arrendersi per non soffrire più, i segni dei pugni e delle bastonate che il branco sferrava perché gli venisse aperto. In basso foto AdnKronos. Assetati di violenza, i ragazzini si accanivano con forza contro quella casetta bassa proprio davanti al complesso parrocchiale di San Giovanni Bosco che oggi è un cantiere aperto. Sotto la statua del santo, appena coperta dalle lamiere che cingono l'area dei lavori e a dieci passi dalla casa dove la baby gang veniva vista e sentita più volte in azione, un messaggio che oggi lascia l'amaro in bocca: 'Don Bosco, un prete che amava e credeva nei giovani'. Quei giovani che oggi, all'uscita di scuola - proprio davanti all'abitazione degli unici due parenti della vittima - negano di conoscere i bulli. "Abbiamo sentito, ma non conosciamo chi ha picchiato quell'uomo. Una brava persona Antonio - dicono a Manduria - indifesa e sola" e abbandonata. LA MARCIA DEL 4 MAGGIO - "Le nefaste note vicende di cronaca dipingono una città che francamente non riconosciamo e, soprattutto, in cui non ci identifichiamo. Per questo motivo la A.T. Pro Loco di Manduria, insieme con Confcommercio e le scuole e le parrocchie, i movimenti civici, i partiti e la società tutta che vorrà aderire, ha in animo di organizzare la marcia per la civiltà, sabato 4 maggio 2019 dalle 10 alle 12". E' quanto ha annunciato, in un post pubblicato su Facebook, la pro-loco di Manduria. "Il percorso vede la partenza proprio dalla zona delle scuole di Manduria - si legge - perché riteniamo che sia da lì che occorre ripartire. Lì, nei ragazzi, c'è il nostro miglior futuro. Invitiamo tutti a essere parte dell'organizzazione della marcia e a voler partecipare massicciamente per manifestare che Manduria è una città che vuole essere migliore di ciò che oggi appare. Facciamolo, vi prego, tutti insieme".

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