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Lo zampino di Obama nella crisi economica

Studio di Wall Street Journal e Heritage Foundation: Stati Uniti in caduta libera nella classifica mondiale della libertà d'impresa

Giulio Bucchi
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E' stato un brutto anno per l'Europa e per gli Stati Uniti, economicamente parlando. Non è una grande scoperta, ma adesso sono i numeri dell'Indice 2012 della Libertà Economica a dirlo, aiutandoci anche a capire come e perché le cose stanno andando storte nel mondo una volta avanzato, e viceversa migliorano in Asia, Africa ed Oceania. Il Wall Street Journal e il pensatoio conservatore Heritage Foundation, ogni gennaio, pubblicano un rapporto sulla situazione di quasi tutte le nazioni del mondo (179, esclusi Sudan, Somalia, Iraq, Afghanistan, Liechtenstein) ) con i dati dell'anno appena chiuso. La classifica che emerge è una fotografia del grado di libertà che godono i popoli del mondo: se è vero che le diverse voci considerate appartengono infatti alla sfera economica, la graduatoria finale vede agli ultimi posti, a partire dal peggiore di tutti, la Corea del Nord, lo Zimbabwe, Cuba, Libya, Eritrea, Venezuela, Burma,  Congo e Iran. E' questa la prova che tanto più manca in un paese la libertà individuale di fare impresa e profitti, tanto più un paese si trasforma in un regime dittatoriale che reprime anche tutte le altre libertà. Risalendo fino alla testa, i più virtuosi sono Hong Kong, Singapore, Australia e Nuova Zelanda, poi la Svizzera primo europeo, il Canada in nord America, il Cile sudamericano, e le isole Mauritius, la prima volta che l'Africa piazza un suo paese nella hit parade dei primi dieci. Gli Stati Uniti sono decimi, avendo perso una posizione dall'anno prima,  e il loro voto complessivo (in una scala da zero a 100, dove 100 è il massimo in senso positivo) è di 76,3,  un punto e mezzo in meno dal 20l0. E l'Italia? Da 88esima che era un anno fa è scesa al 92esimo gradino, tra l'Azerbaijan e l'Honduras, con un voto complessivo di 58,9 , in calo dal 60,3 di un anno fa. Avendo sfondato il pavimento del 59,9 siamo così finiti nel gruppo dei paesi "per lo più non liberi" da "moderatamente liberi" che eravamo. Tra i fattori che hanno trascinato giù l'Italia ci sono la libertà fiscale, dove siamo vergognosamente 169esimi e il volume delle spese governative, dove siamo 164esimi. E non consola che anche gli Usa siano pessimi sulle stesse voci, 133esimi come libertà fiscale e 127esimi come governo spendaccione. Piuttosto, queste performances sono la cartina di tornasole che il nesso tra  grande governo e scarsa vitalita' economica vanno a braccetto. Chi è interessato  ad approfondire l'analisi dei diversi fattori di libertà paese per paese può visitare il sito di Heritage Foundation, ma il senso generale è bene riassunto nel passaggio del rapporto, citato dal presidente della Heritage Edwin Feulner nell'articolo di presentazione sul Wall Street Journal del 12 gennaio, che riportiamo qui di seguito: "La rapida espansione del governo, più di ogni altro fattore di mercato, appare essere responsabile per il cadente dinamismo economico. Le spese pubbliche  non solo hanno fallito nell'arrestare la crisi economica, ma anzi, in molti paesi, sembra che la prolunghino. L'approccio da grande governo ha portato a ingigantire il debito pubblico, trasformando un rallentamento economico in una crisi fiscale con una stagnazione economica che ha alimentato la disoccupazione di lungo termine". Il grande governo ha anche prodotto un campionario di nuove regole, che a loro volta hanno generato corruzione: così, negli Usa, l'indicatore della Libertà dalla Corruzione è caduto dal valore 76 del 2007 al 71 attuale (22esimo paese nel mondo): più regole e più regolatori ci sono, più crescono le occasioni di bustarelle. L'Italia è messa peggio,  68esima tra i paesi del mondo, con un voto di 39 che dice tutto sulla urgente necessità di eliminare lacci e lacciuoli se si vuole liberare la ripresa. di Glauco Maggi twitter @glaucomaggi

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