Cgil e Cisl in coro: "Ora la patrimoniale"
Patrimoniale... La Cisl passa al contrattacco sotto la gestione di Anna Maria Furlan. Poche ore prima di essere ricevuta dal ministro della Funzione Pubblica, Marianna Madia, per cominciare a discutere di riforma del pubblico impiego e aumenti bloccati («ma non ci sono risorse per il 2015», ha chiarito Madia, accontentatevi «degli 80 euro»), Furlan spara contro il governo. E, a colpi di slide, passa al contrattacco. Uno studio Cisl prova in mattinata l'aumento delle imposte indirette a fronte di un minimo calo dell'Irpef. Poi, nel pomeriggio, una bella conferenza stampa in cui il neosegretario del sindacato, chiede che il governo metta al primo punto « la riforma del fisco». Insomma, Furlan, cerca di stanare Renzi e risponde così a tutte le stilettate incassate, mettendo la Cisl a cavalcare temi popolari che parlano alla pancia del Paese: «L'obiettivo», scandisce spiegando la sua ricetta, «è quello di avere un sistema più equo e progressivo. In questo Paese il carico fiscale è tutto sulle spalle dei lavoratori dipendenti e dei pensionati. Tralasciando «il fallimento del federalismo fiscale». Non è un caso se Furlan blandisce anche tesi care alla Cgil, come la patrimoniale che però «non va chiamata» con questo nome «perché questo provoca subito in Italia delle reazioni negative. Ma è arrivato il momento», scandisce, che «chi ha tanto sia chiamato a dare un contributo proporzionalmente alla sua ricchezza». Chiamatela come vi pare, ma la sostanza è chiara: «Far pagare di più le grandi ricchezze finanziarie e immobiliari». Un obiettivo semplice, popolare, comprensibile alla stregua delle promesse di Renzi. Furlan si è impegnata ieri a presentare una proposta «chiara, secca, il più dettagliata possibile» per riformare il fisco. Ma il “programma politico” che ha in mente Furlan è ben più articolato. Le proposte invece di portarle in Parlamento verranno presentate «nei posti di lavoro, nelle piazze, nei mercati dove la gente si incontra». Solo 4 punti “programmatici”, semplici e comprensibili a chiunque: primo tagliare gli sprechi delle Regioni e «dei Comuni e nelle 10mila società dei servizi». Secondo: un «ripensamento» della tassazione sulla prima casa che oggi è «assolutamente considerevole», mentre «si fa poco sui grandi patrimoni immobililari» spesso in mano a «società finanziarie che fanno speculazione e devono pagare molto di più», arrivando un «sistema per cui chi ha 2 case non debba pagare come chi ne ha 3mila». Terzo: la revisione delle tassazioni sulle «grandi, grandi ricchezze finanziarie», e quarto l'«intensificazione della lotta all'evasione, facendo dialogare le banche dati (« i patrimoni di conoscenza»), e adottando un “modello di convenienza”, spingendo «i cittadini a chiedere le fatture per poi scaricarle». Se il fronte sindacale mostra segni di “risveglio”, anche dentro la maggioranza tira aria di burrasca. Sul Jobs Act, in particolare, è scontro sulle modifiche all'articolo 18 all'esame della Camera. Oggi il governo dovrebbe presentare un emendamento al comma 7 (tutele crescenti), per recepire l'intesa raggiunta nel Pd sui licenziamenti disciplinari. Ma Ncd vede rosso perché ritiene che la correzione non corrisponderebbe a quanto concordato. Il sottosegretario al Lavoro, Teresa Bellanova parla solo di «riformulazione senza novità» per la reintegra nel posto di lavoro in caso di licenziamenti disciplinari, (dettagli da chiarire nei decreti delegati). Ma il capogruppo Ncd, Maurizio Sacconi, non ci sta e replica che l'emendamento «non corrisponde a quanto concordato». E se questo passerà Ncd abbandonerà la Commissione «e si aprirebbe un bel contenzioso nella maggioranza». Tante belle grane per Renzi. (AN. C.)