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Anche il Fisco si arrende: "Non usate il 730 precompilato, è zeppo di errori"

Andrea Tempestini
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Negli ultimi giorni pure Matteo Renzi deve aver fiutato una brutta aria e così, all'improvviso, il premier ha smesso di parlare del «mitico» modello 730 precompilato. Basta andare su Google o sugli archivi delle agenzie di stampa: non una parola su quella che era stata battezzata come una vera e propria rivoluzione tributaria. La dichiarazione dei redditi «a casa» era una sorta di bandiera per il governo guidato dall'ex sindaco di Firenze che fin da febbraio 2014 l'aveva promessa nei suoi discorsi di insediamento alla Camera e al Senato. Salvo accorgersi, nelle scorse settimane, della clamorosa bufala: uno dopo l'altro errori, pasticci e passi indietro dell'amministrazione finanziaria hanno spinto Renzi a spegnere i riflettori. Ed è stata la stessa agenzia delle Entrate, lunedì, ad alzare bandiera bianca. L'operazione è partita lo scorso 15 aprile e a poco più di due settimane dal via, il fisco ha prima tirato il freno a mano, poi ha cercato di rimediare annunciando di aiutare i contribuenti su Twitter. Come se 140 caratteri bastassero a indirizzare i cittadini nella giungla del 730 precompilato. Ma tant'è: nella finestra d'accesso al cassetto fiscale online sul sito internet delle Entrate lunedì è spuntato un messaggio per avvertire i contribuenti. La questione riguarda, in generale, tutti i dati inseriti in automatico e, in particolare, le detrazioni Irpef per lavoratori e pensionati: bisogna fare attenzione e seguire precise istruzioni per evitare di perdere gli sgravi, evitando l'errata liquidazione proposta in automatico dal sistema. Che, di fatto, in partenza (e sotto banco) prova ad allungare le mani nelle tasche dei contribuenti: se si accorgono dell'errore, salvano gli sconti; altrimenti, l'erario esulta e il gettito aumenta, con buona pace delle semplificazioni sbandierate nei comizi, nei salotti tv e nelle conferenze stampa convocate a ridosso dei tiggì. A scoprire la «magagna» è stato il quotidiano ItaliaOggi. Ecco i dettagli: nella finestra di accesso alla dichiarazione dei redditi, quando spunta il messaggio «nel tuo 730 precompilato non sono riportati i giorni di lavoro dipendente o di pensione, quindi l'esito (debito o credito) non tiene conto delle relative detrazioni», l'agenzia delle Entrate mette in chiaro che è necessario un intervento «a mano» per evitare la trasmissione di un 730 sbagliato. In soldoni: o correggi o paghi. In ballo ci sono centinaia di milioni di euro, non proprio briciole. Alla fine della giostra, la situazione non sarà diversa dagli anni passati: verifiche continue, scartoffie e file interminabili ai Centri di assistenza fiscale. E poi ci sono le trappole. I funzionari del fisco guidati dal direttore Rossella Orlandi (scelta da Renzi lo scorso anno per sostituire l'ex mister fisco, Attilio Befera) scrivono, mettendo nero su bianco la falla, che «l'esito del 730 (debito o credito) non tiene conto delle detrazioni previste per i redditi di lavoro dipendente o di pensione». Un erroraccio clamoroso del cervellone fiscale a cui deve mettere una pezza il contribuente. Come? Bisogna accedere alla funzione dell'applicazione «Modifica il 730» e inserire nel quadro «C» il giusto numero di giorni di lavoro dipendente e di pensione. In teoria l'operazione non è particolarmente complessa, anche se bisogna avere una certa dimestichezza col computer e internet: in alternativa, può farlo il Caf oppure il commercialista, sempre che siano stati avvisati dal diretto interessato. Ma non è detto che tutti si accorgano del pasticcio e, appunto, corrano ai ripari col fai-da-te. Forse è meglio usare il vecchio 730, come implicitamente viene suggerito dall'amministrazione finanziaria. Del resto, l'aiuto a distanza via social network promesso ieri dagli stessi uomini dell fisco sembra più un'ottima trovata mediatica che un concreto supporto operativo. Non è tutto. Costretto a correggere la dichiarazione, il contribuente si esporrà a «un regime dei controlli di generalizzati che ricomprenderanno cioè anche i dati inseriti correttamente dalle Entrate». Di fatto rendendo inutile la (ex) rivoluzione renziana. di Francesco De Dominicis

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