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Deflazione ed euro forte: le due grandi paure per l'Europa dallo sboom della Cina

Giulio Bucchi
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La parola chiave per comprendere le grandi paure che agitano la finanza mondiale, oggi e soprattutto domani, è deflazione. I prezzi calano (e sarebbe una buona notizia per i consumatori) perché c'è poca domanda (ergo: non ci sono abbastanza consumatori), di conseguenza entrano in sofferenza i produttori (costretti a produrre di meno e a incassare di meno) e lo Stato (meno tasse da mungere alle imprese, meno incassi dall'Iva). È quanto rischia di accadere in Cina ed è già accaduto in Italia e in Europa, che non a caso lo scorso marzo ha reagito con l'iniezione da 350 miliardi di euro del Quantitative Easing fortemente voluto da Mario Draghi.  Come ricorda anche Federico Fubini sul Corriere della Sera, l'obiettivo dell'inflazione al 2% (tasso fisiologico, salutare) è ancora lontano, ma l'Eurozona respira. Il guaio è che ora tutto potrebbe peggiorare. L'indice 5y5y forward, che "predice" l'inflazione tra 5 anni per i 5 successivi, è all1,61%, più basso di un anno fa, quando Draghi si disse preoccupato perché, appunto, troppo basso. Si sente puzza di deflazione.  Euro debole, euro forte - C'è poi un altro fronte delicatissimo che preoccupa l'Europa e rischia di farla cadere di nuovo. L'euro, fino a oggi, aveva goduto di una debolezza molto utile per i paesi esportatori (la Germania, certo, ma anche l'Italia). Il guaio è che la svalutazione della Cina sullo yuan (oggi Pechino ha abbassato i tassi di un ulteriore quarto di punto) si accompagna a quella degli altri paesi Brics ed emergenti (la Russia, il Brasile). Per questo molti investitori potrebbero ripiegare sull'euro come "moneta-rifugio", rendendola troppo forte e penalizzante per chi esporta. L'Italia, appunto. In un circolo vizioso in grado di ri-bloccare non solo la finanza, ma pure l'economia reale.

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