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Corriere, la guerra di Della Valle ad Elkann80 milioni per conquistare Rcs

Mr Tod's annuncia a sorpresa di voler aumentare le sue quote per evitare che a comandare sia la Fiat

Nino Sunseri
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Per dirla con un'espressione assai cara a Mario Puzo, inventore de “Il Padrino” Diego Della Valle e Jaky Elkann sono arrivati ai materassi. Lo scontro diventa totale per la felicità della Borsa. Mai si sarebbe aspettata che un'azienda azzoppata come Rcs-Corriere della Sera diventasse oggetto di appetiti così potenti: ieri il titolo ha guadagnato lo 0,48% ma la dichiarazione di belligeranza è arrivata  a listini quasi chiusi. Oggi ne vedremo delle belle. La notizia rispecchia il carattere di Mr Tod's: determinata e inattesa. Risponde al presidente della Fiat, salito al 20% di Rcs  con un investimento di 93 milioni, annunciando che  sottoscriverà per intero la quota di sua pertinenza dell'aumento di capitale. Già così una puntata che vale una trentina di milioni. Ma c'è di più: è pronto a rilevare tutto l'inoptato, con l'obiettivo di salire al 20% di via Rizzoli. A occhio e croce un'altra cinquantina di milioni da mettere sul tavolo. Se serve potrebbe andare ancora più in alto.  Un'operazione per caratteri forti e portafogli rigogliosi.   Il guanto di sfida alla Fiat è lanciato. E non solo con le manovre intorno al Corriere, ma anche tramite dichiarazioni non certo concilianti. La telefonata con cui John Elkann ha annunciato al Presidente della Repubblica che Fiat aumentava la propria quota in Rcs al 20% è stata «una sceneggiata» di cui il Paese non aveva bisogno. «Non mi è sembrata una cosa giusta - ha accusato Della Valle - strumentalizzare una telefonata come fosse un rapporto tra capi di Stato. Hanno rastrellato le opzioni per poi alzare il telefono e dirlo a Napolitano, mi lascia perplesso». Tanto più che, a quanto risulta, nemmeno Ferruccio De Bortoli, direttore del Corriere della Sera, era stato informato dell'iniziativa. Forse aveva qualche diritto in più all'informazione. Poi l'affondo, con una stilettata rivolta all'eterno nemico Marchionne: «Se ha mezz'ora  potrebbero telefonare a Pomigliano o andare a trovare i lavoratori all'Ilva». Un attacco frontale, quello di Della Valle, difficile da immaginare se l'imprenditore non avesse già ricevuto rassicurazioni da quei soci che, il 2 luglio, aveva definito come «i miei interlocutori». L'annuncio («Sottoscriverò l'aumento ma non voglio patti di sindacato in Rcs») ha sortito gli effetti desiderati. Anche se Della Valle si mantiene prudente («Aderirò e poi staremo a vedere»), non è certo sceso in guerra senza elmetto. Ha parlato di «alcuni incontri e telefonate» (non con Fiat) con le quali i soci hanno fornito garanzie sulle modifiche alla governance. «Mi è stato detto che queste cose non si potevano fare prima dell'aumento di capitale - ha spiegato - e allora la mia decisione è di sottoscriverlo. Se poi le cose non accadono significa che abbiamo perso tempo. Qualcuno avrà fatto il gioco delle tre carte per lasciare le cose come stanno». La nuova stoccata a Elkann: «Comprare diritti sul mercato - riferendosi all'operazione della Fiat - era una delle cose meno difficili e meno costose da fare. Spero che nell'azionariato ci siano almeno cinque soci con il 10% e insieme, senza accordi, governino l'azienda. Per me non dovrebbe esserci nessun primo azionista. La Fiat ha il 20% ma le maggioranze si formano con il 51%, io resto qui per presidiare un pezzo del Paese». Fa la pace con Scott Jovane («Non ho mai detto che l'amministratore delegato non va bene») ma insiste sullo scioglimento del parlamentino dei grandi soci («Solo la Fiat vuole che sopravviva»). La partita entra oggi nel vivo. È previsto l'esercizio delle opzioni sull'aumento di capitale. Bisognerà vedere se, oltre a Della Valle e alla Fiat altri avranno allargato il portafoglio. La sfida si giocherà su quel versante e, soprattutto, sul fronte delle alleanze. Ago della bilancia sarà innanzitutto Mediobanca che proprio ieri ha annunciato di aver ampliato la sua partecipazione portandola al 15% con una spesa di 60 milioni. Poi ci sono Banca Intesa e Unipol che, complessivamente dovrebbero avere un altro 10%.  Dalle loro decisioni dipende la vittoria di Della Valle o Elkann. Una consolazione: se alcuni dei maggiori gruppi industriali e finanziari del Paese litigano a suon di milioni per la conquista vuol dire che la carta stampata non è morta. Nino Sunseri

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