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Paolo Becchi, l'ultimatum al ministro dell'Economia: "Giovanni Tria ci dica da che parte sta"

Gino Coala
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«A 320 è un livello che non possiamo mantenere troppo a lungo». Lo ha detto il ministro dell' Economia Giovanni Tria in ordine all' asticella che ha raggiunto lo spread, cioè il differenziale tra i tassi di interesse dei nostri Btp rispetto a quelli tedeschi. E grazie al piffero, caro ministro. Questo lo sapevamo anche noi. Il punto è un altro. Di fronte alla bocciatura da parte della Commissione europea della manovra di bilancio del governo, sia Salvini che Di Maio hanno detto - giustamente - che non intendono fare nessun passo indietro rispetto al rapporto deficit/Pil stimato nella manovra, cioè il famoso 2,4%. È chiaro che, per affermare una cosa del genere, vuol dire che i due vicepremier si aspettano dal ministro dell' Economia valide controffensive nel caso lo spread mantenesse i livelli degli ultimi giorni o nel caso raggiungesse le vette del 2011. Dire che quota 320 punti base è una soglia che non possiamo mantenere troppo a lungo vuol dire che tra un mese ci sarà una stretta fiscale alla Monti? Leggi anche: Becch drastico: "Fregatevene dello spread, se salgono i tassi dei Btp incassiamo più interessi" Perché la questione è proprio questa. Non è che arriva mago Merlino con la bacchetta magica per far abbassare lo spread?! O cala da solo perché i mercati si tranquillizzano, oppure serve fare consolidamento fiscale scaricando il peso della speculazione sulla collettività. È pur vero che una mano ci potrebbe arrivare da Trump dopo le elezioni americane di midterm del 6 novembre attraverso l' acquisto dei nostri Btp sul mercato secondario da parte della Federal Reserve, ma è anche vero che non possiamo sempre aspettare la manna dal cielo, americana o russa che sia, visto che anche Putin avrebbe dato la sua disponibilità a darci una mano. Occorre, nei limiti delle proprie possibilità, fare anche da soli. Siamo fiduciosi che il ministro dell' Economia, dall' alto della sua competenza accademica, avrà sicuramente pensato all' introduzione dei minibot (che tra l' altro sono inseriti nel contratto di governo) o della moneta fiscale, strumenti entrambi per mettere al riparo il Paese e il principio democratico dalla speculazione dei mercati. Così come siamo speranzosi che il ministro abbia pensato anche ai Bot a scadenza biennale con offerta e sottoscrizione pubblica aperta ai soli cittadini italiani, soluzione proposta proprio dalle pagine di questo giornale. Se invece il prof. Tria non avesse pensato a nessuna delle soluzioni fin qui esposte, allora le strade possibili sono solo due: ritirata disastrosa al cospetto delle minacce dell' Ue con relative modifiche alla manovra secondo i voleri di Bruxelles con una bella stretta fiscale, oppure uscire dall' euro. Tertium non datur e Berlusconi docet. Comprendiamo le difficoltà in cui si trova il governo, privi come siamo di sovranità monetaria e quindi alla mercé dei mercati finanziari, mentre non comprendiamo perché da giugno ad oggi non sia stato predisposto quantomeno una prima versione strategica di introduzione dei minibot o della moneta fiscale. Anche perché sperare in un aiuto di Mario Draghi sarebbe come consegnarsi tra le fauci della tigre: a gennaio la Bce terminerà il già ridotto programma di Qe e non farà nulla per salvare un governo che non sia disposto ad abiurare e ad allinearsi ai diktat dell' Ue. Così come pensiamo che non sia attuabile nel breve termine la soluzione di rendere la Banca centrale europea prestatrice illimitata di ultima istanza, una soluzione che necessita dell' accordo politico tra Stati e di una modifica allo statuto della Bce. In questi giorni il ministro Salvini è stato fin troppo chiaro: «Bruxelles può mandare dodici letterine, da qui fino a Natale, ma la manovra non cambia, noi tiriamo dritto». Quindi, caro Tria, tu da che parte stai? di Paolo Becchi e Giuseppe Palma

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