Dal primo aprile scattano i primi tagli agli stipendi dei manager previsti dall'ex ministro dell'Economia Saccomanni. E' stato appena pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale (numero 63 del 17 marzo) il Regolamento sui compensi per gli amministratori delle società controllate dal ministero dell’Economia non quotate e che non emettono strumenti finanziari quotati sui mercati regolamentati. Per ora la mannaia, che arriva fino all'80%, si abbatterà sulle prossime nomine, ma il premier è stato chiaro: nessun manager pubblico deve prendere uno stipendio superiore a quello del presidente della Repubblica, cioè 239.181 euro lordi l’anno. Di certo, c'è che nonostante i tagli decisi dai governi Monti e Letta, l'obiettivo, stando ai compensi a sette cifre pubblicati sul Corsera, resta ancora lontano. I 239mila euro di Giorgio Napolitano sono infatti abbondantemente sotto il tetto dei 311mila fissato per le società non quotate, mentre il taglio del 25% previsto per le altre interviene su emolumenti altissimi. L'amministratore delegato dell’Eni Paolo Scaroni, che prende 6,52 milioni lordi, arriverebbe infatti a 4.850.000. L'ad dell’Enel Fulvio Conti che prende 3,95 milioni lordi si metterebbe comunque in tasca 2.963.000 euro. Alessandro Pansa, numero uno di Finmeccanica porterebbe comunque a casa 765mila euro. Quanto all'amministratore delegato di Ferrovie, Mauro Moretti, che nei giorni scorsi aveva scatenato una marea di polemiche per aver criticato la spending review sui manager percepirebbe un assegno di 655.250 euro a fronte di un compenso che attualmente è di 873.666 euro. E così via per gli altri super manager che prendono fior fior di quattrini come l'ad delle Poste Massimo Sarmi (2,2 milioni lordi, compresi 638.746 euro di competenza del 2011 ma erogati nel 2012), del presidente delle stesse Poste, Giovani Ialongo (903.611 euro lordi), dell’ad della Cassa depositi e prestiti Giovanni Gorno Tempini (1,035 milioni lordi).