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Pensioni, dal 2022 l'assegno non prima dei 67 anni: il caso che agita sindacati e politica

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Addio Quota 100, si ritorna al regime Fornero: il governo di Mario Draghi scopre le carte sul fronte pensioni attraverso una frase inserita nella bozza del Recovery Plan trapelata nei giorni scorsi. Come spiega La Repubblica, dopo la fine della misura cara alla Lega, si torna al sistema precedente: fuori a 67 anni di età, limite che ricomincia a crescere con l’aspettativa di vita o con 42 anni e 10 mesi di contributi (41 per le donne).

 

 

 

L’anticipo a 62 anni sarà possibile solo per “categorie con mansioni logoranti”. Un duro colpo per i sindacati, Cgil, Cisl e Uil, che da tempo chiedono al ministro del Lavoro, il dem Andrea Orlando, di convocare un tavolo per discutere di previdenza. Ricevendo come risposta, però, dei continui rinvii a causa delle altre emergenze: licenziamenti, ammortizzatori, politiche attive. Nessun partito ha commentato la situazione, solo la Lega di Matteo Salvini ha rilanciato Quota 41, ossia l’uscita per chi ha 41 anni di contributi.

 

 

 

A preoccupare i sindacati è il fatto che a partire dall’anno prossimo le pensioni non saranno più miste – un po’ retributive un po’ contributive -, ma saranno quasi tutte contributive. “Nel 2022 il 90 per cento dei potenziali pensionati avrà la pensione calcolata per almeno il 65 per cento col metodo contributivo: questo significa che uscire a 62 anni comporta un prestazione decurtata del 10 per cento”, ha spiegato Alberto Brambilla per Itinerari Previdenziali. Ecco perché Brambilla ha proposto – dopo la fine di Quota 100 – l’introduzione di Quota 102 (64 anni di età 38 di contributi).

 

 

 

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