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Enrico Letta guida il fronte, patrimoniale mascherata: ecco il piano del Pd per rapinare gli italiani

Sandro Iacometti
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La parola d'ordine, manco a dirlo, è niente oneri aggiuntivi. Uno scudo offerto dallo stesso Mario Draghi dietro il quale ieri si è nascosto l'ampio fronte che si è dichiarato immediatamente favorevole alla riforma del catasto. Mentre dal centrodestra continuano a minacciare fuoco e fiamme se il progetto andrà avanti, dalla parte opposta sono partiti i festeggiamenti. In prima fila, ovviamente, il Pd. Del resto, da quelle parti sono mesi che si invoca una bella patrimoniale, sempre nel nome dell'equità, per spillare un po' di denaro al ceto medio-alto. L'idea del contributo di solidarietà proposta un annetto fa dall'ex ministro Graziano Delrio era stata sepolta da critiche e polemiche, e alla fine disconosciuta anche dallo stesso partito. Ma il segretario Enrico Letta insiste da settimane per la sua tassa di successione a favore dei giovani, sostenendo che era e resta una priorità dei Dem. Il problema è che l'ipotesi è stata bocciata platealmente dal premier. Ed è difficile continuare a spingerla. Ma ora è lui a mettere sul piatto la possibilità di spennare i contribuenti. Certo, c'è quel problema dell'invarianza di gettito. Ma anche volendo prendere per buona la tesi un po' fantascientifica, chi impedisce all'interno di quei saldi immutati di spostare risorse dai ricchi verso i poveri?

 

 

 

RIFORMA DA FARE

Ed ecco allora Letta che senza pensarci un attimo schiera l'intero partito al fianco dell'ex capo della Bce. «Sarà Draghi a scegliere ma noi siamo per farla», si è limitato a dire il segretario dem, sottolineando l'importanza della digitalizzazione del catasto, che è cosa ben diversa dalla rivalutazione degli estimi e dalla modifica dei sistemi di calcolo delle rendite. A fornire la spiegazione tecnica di quale sia l'obiettivo reale della riforma immaginato dal Pd ci pensa, però, Antonio Misiani: «Ci sono milioni di famiglie che dovrebbero pagare di meno e qualcuno che dovrebbe pagare di più. Noi vogliamo garanzie ferree che questo non comporti un aumento della pressione fiscale complessiva». Capito? Milioni di famiglie (povere) devono pagare dimeno, qualcuno (ricco) deve pagare di più. L'idea piace molto anche ai Cinquestelle. Per carità, niente aumenti dell'Imu, ha premesso anche Giuseppe Conte, «ma la riforma del catasto va fatta». E se il leader pentastellato non aggiunge oltre per paura di aggiungere altri problemi a quelli che già scuotono il movimento, molto più esplicito sugli intenti dell'asse "sinistro" è Stefano Fassina, la cui attuale collocazione politica attuale può essere riassunta nell'appoggio alla candidatura di Roberto Gualtieri a Roma. «Segnalo», spiega l'ex viceministro dell'Economia, «che la revisione delle rendite catastali conserva l'esclusione della prima casa dall'Imu e segnalo anche che nei centri storici popolo e classi medie non dispongono di seconde, terze o quarte case». Il fine della riforma? Altro che il riordino e la trasparanza invocati da Draghi. «È la giustizia sociale», sentenzia Fassina.

 

 

 

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