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Manovra, più soldi per Mps che per il taglio delle tasse: le cifre che imbarazzano Mario Draghi

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Ci sono due cifre che circolano in questi giorni che rischiano di far venire un travaso di bile ai contribuenti italiani. Da una parte ci sono i numeri che arrivano da Siena. Dopo il congelamento del dossier per non turbare gli elettori, soprattutto quelli che nella provincia toscana dovevano eleggere Enrico Letta in Parlamento, la pratica del salvataggio di Mps si è ora riaperta. E sembra che per far inghiottire ad Unicredit il boccone indigesto della più antica (...) a pagina 2 Si scende in piazza contro il Green pass, ma rischia di passare inosservata la sentenza con cui i giudici della Corte costituzionale (e più politicizzata) banca del mondo, il Tesoro, oltre ai soldi già persi con l'ingresso nel capitale (la quota del 64% oggi vale circa 3 miliardi in meno), dovrà anche mettere sul piatto almeno 8 miliardi. Ricordatevi questo "8". Dall'altra ci sono i numeri che arrivano dal Documento programmatico di bilancio.

 

 

 

 

Alla casella fisco nel testo inviato ieri (come al solito in ritardo) alla Commissione europea si legge che nel 2022 sarà destinato lo 0,317% del Pil. Così sembra niente, però in termini assoluti si tratta di 6 miliardi di euro. Che sono poco più di niente. Ma attenzione, fanno notare i ben informati di questioni economiche, perché a questa cifra bisogna aggiungere i 2 miliardi già stanziati in precedenza. Quindi la dote complessiva salirebbe a ben 8 miliardi. Sbagliato, perché un miliardo è già impegnato per la riforma dell'aggio della riscossione, imposta da una sentenza della Corte Costituzionale dello scorso giugno. Il numero finale è, dunque, "7". Ora confrontiamolo con quello che abbiamo tenuto a mente: il primo, che rappresenta i miliardi necessari a mettere una pezza ai danni provocati da decenni di malagestione di una banca controllata storicamente dai Dem è più alto del secondo, che rappresenta le risorse che lo Stato ha deciso di destinare all'alleggerimento di una delle pressioni fiscali più alte del pianeta.

 

 

 



PRIMA FASE - Per carità, come si legge nel Dpb, che rappresenta la cornice finanziaria della legge di bilancio, si tratta solo di «un primo stadio» o, come viene chiamata in un altro punto del testo, di «una prima fase» della riforma fiscale, che vedrà la sua piena attuazione con «successivi provvedimenti normativi». Per ora, però, questo c'è. E non è davvero molto. Per avere un termine di paragone vi basti pensare che l'Irap vale 12 miliardi, che tagliare un punto di Irpef nelle aliquote intermedie vale circa 3 miliardi, mentre abbassare il cuneo di un punto (che oggi è al 46% rispetto ad una media Ocse del 34,7%) costa circa 2,5 miliardi. Sette miliardi sono esattamente quelli che sono serviti al governo giallorosso per alzare da 80 a 100 euro il bonus Renzi ed estenderlo ai redditi fino ai 40mila euro. Una sforbiciata al cuneo di cui praticamente non si è accorto nessuno, se non i commercialisti. La delusione sul fisco non viene, purtroppo, compensata dalle altre voci della manovra da 23,4 miliardi, che definire timide (a parte gli 800 milioni sganciati al reddito di cittadinanza, che sale nel 2022 a quasi 9 miliardi) forse è poco. Per superare quota 100 sono stati stanziati appena 600 milioni, per il fondo bollette quasi 2 miliardi (quando ne sono serviti per sterilizzare gli aumenti di un terzo in un solo trimestre), per gli ammortizzatori sociali, su cui il ministro del Lavoro, Andrea Orlando, chiedeva 9 miliardi, ne arriverà uno e mezzo (a cui si dovrebbero aggiungere gli 1,5 miliardi provenienti dallo stop al cashback). Poi ci sono 4,1 miliardi per le imprese, che serviranno solo a prorogare misure già attive, e 4 miliardi per la sanità, due serviranno per l'emergenza e i vaccini, altri due a rimpolpare il Servizio sanitario nazionale prosciugato negli ultimi anni. Per la proroga dell'ecobonus per le auto elettrico, vitale per un settore che sta letteralmente andando a picco per la crisi delle materie prime, ci sono solo 113 milioni.

 

 

 

 

 



MICROAIUTI - L'ultima misura rientra nella serie corposa di microaiuti che verranno finanziati: dai 10 giorni di congedo obbligatorio per i papà, che diventano strutturali, alla proroga dello sconto per gli under 36 che acquistano la prima casa, fino ai fondi aggiuntivi per asili nido e scuole dell'infanzia (in tutto circa 400 milioni). Non è ancora chiaro, invece, il destino del Superbonus (definito dal ministro Franco «troppo costoso»), su cui martedì si era parlato di una prolungamento limitato solo ai condomini che ieri ha fatto infuriare molti nella maggioranza, a partire dai Cinquestelle, e tutto il settore delle costruzioni. Nel Dpb alla voce "proroga dei bonus per ristrutturazioni edilizie, riqualificazione energetica, mobili, sisma, verde" sono destinati nel 2023 circa 500 milioni. Ma come saranno distribuiti è ancora un mistero. «Non voglio, a proposito dell'ecobonus, anticipare quella che è la discussione della Legge di bilancio. Ci rivediamo tra qualche giorno e ne parleremo», si è limitato a dire ieri Mario Draghi, lasciando capire che il tema si andrà ad aggiungere ai numerosi nodi ancora aperti della manovra.

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