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Mario Draghi, nemmeno i super poteri hanno fermato il debito pubblico

Sandro Iacometti
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I conti, ovviamente, si faranno a fine anno. Con la speranza che una crescita del Pil superiore al previsto o l’effetto positivo dell’inflazione sui conti dello Stato possano portare qualche buona sorpresa ed alleggerire la situazione. Per ora, però, malgrado le stime del Tesoro sul percorso di progressiva riduzione del rapporto tra rosso di bilancio e prodotto interno lordo, il debito pubblico di mettersi a dieta non vuole saperne. Difficile capire se l'incremento complessivo sia dovuto ad una lievitazione di quello "buono" o ad un aumento di quello "cattivo", come ama distinguere Mario Draghi, ma ai fini del risultato messo nero su bianco ieri da Bankitalia cambia poco. A giugno, solo qualche settimana prima che il premier decidesse di lasciare l'incarico, il debito è aumentato di altri 11,2 miliardi rispetto al mese precedente, raggiungendo la ragguardevole cifra di 2.766,4 miliardi. Dal punto di vista tecnico la colpa è dell'effetto combinato dell'incremento delle disponibilità liquide del Tesoro (4,9 miliardi, a 86,2), del fabbisogno (4,2 miliardi) e dell'impatto complessivo di scarti e premi all'emissione e al rimborso, della rivalutazione dei titoli indicizzati all'inflazione e della variazione dei tassi di cambio (2,2 miliardi). La sostanza, però, è che l'Italia, malgrado i super poteri dell'ex capo della Bce, ha inanellato l'ennesimo record negativo.
 

 

 

EREDITÀ Un'eredità non proprio piacevole per chi si troverà a gestire i conti dello Stato dal prossimo autunno, con l'Europa e la futura opposizione interna pronti a spianare l'artiglieria per ogni decimale di deficit che sarà allocato in posizione non gradita. I conti, lo ribadiamo, si faranno alla fine. Con il ministro dell'Economia Daniele Franco che si dice convinto, questo almeno risulta dall'ultimo Documento di economia e finanza, che il rapporto tra debito e pil diminuirà quest' anno al 147,0%, dal 150,8% del 2021. Epperò è difficile non notare che l'incremento del rosso nel primo semestre è stato dell'1,9% (a inizio anno era di 2.714,2 miliardi), mentre il pil nello stesso periodo è aumentato solo dell'1,1% (anche se l'eredità del 2021 potrà spingerlo a dicembre fino al 3,4%) e, soprattutto, che la crescita record del debito è stata accompagnata da una crescita altrettanto straordinaria delle tasse. Sempre secondo le rilevazioni di Via Nazionale, infatti, le entrate tributarie contabilizzate nel bilancio dello Stato nel primo semestre sono state pari sono state pari a 218,1 miliardi, in aumento dell'11,9 per cento (23,2 miliardi) rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. 

 

 

 

TASSE Ma l'aumento complessivo risulta ancora più robusto se si guardano le rilevazioni del ministero dell'Economia, secondo cui le entrate tributarie e contributive nel periodo gennaio-giugno evidenziano una crescita di circa 39 miliardi (+11,6%) rispetto all'analogo periodo del 2021. Il dato tiene conto della variazione positiva delle entrate tributarie del 14,5% e della crescita, in termini di cassa, di quelle contributive del 6%. Ora, sicuramente il Paese si è trovato a dover fronteggiare emergenze incredibili e imprevedibili, sicuramente gran parte di quei soldi pubblici che mancano all'appello sono stati utilizzati per aiuti e sostegni alle famiglie e alle imprese in difficoltà e sicuramente non si possono valutare i risultati delle politiche di finanza pubblica affiancando due numerini. Resta il fatto, però, che Draghi ha assunto l'incarico con un debito di 2.643 miliardi e lo ha lasciato con uno di 2.766 (+123), il più alto di sempre. 

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