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Gas, la Germania sbaglia tutto: Berlino trema, cosa può succedere

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Sandro Iacometti
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Ieri l'ennesima giornata di ordinario panico sul fronte dell'energia, col metano che, complice anche l'annuncio di Gazprom di interrompere la fornitura del Nord Stream la prossima settimana per altri tre giorni a causa della solita manutenzione, ha sfiorato di nuovo i 300 euro a megawattora, come aveva fatto a marzo nei primi giorni del conflitto. Ad Amsterdam il gas ha toccato in corso di seduta i 295 euro, per poi concludere a 280, quota d'arrivo che rappresenta comunque un record assoluto. Per l'Italia, dopo settimane in cui i partiti, in particolare quelli del centrosinistra, che continuano a parlare di rinnovabili, hanno beatamente trascurato il tema, è un brusco risveglio. Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Roberto Garofoli, si dice «preoccupato» e spiega che «il governo continuerà nelle prossime settimane a monitorare questa situazione e a muoversi sul solco tracciato dal Capo dello Stato al momento dello scioglimento delle Camere», lasciando presagire il possibile varo di provvedimenti che si aggiungono a quelli già messi in campo negli ultimi mesi per contrastare gli effetti dell'aumento dei prezzi. Il che può significare, tra le altre cose, anche il razionamento.
 

 

 

 

TEMPESTA DURATURA Anche perché, come ha spiegato bene Davide Tabarelli, la tempesta è tutt' altro che passeggera. «Prepariamoci a vedere altri picchi massimi», ha detto il presidente di Nomisma Energia, spiegando comunque che questi andamenti dei prezzi «testimoniano l'assurdità del sistema. Bisogna intervenire e fare chiudere questa follia di mercato.
Su questo tema c'è un'assenza della politica che non interviene. Servirebbe un intervento coraggioso e capace». Riflessione molto simile a quella fatta al Meeting di Rimini, dal numero uno dell'Enel, Francesco Starace, secondo cui ci troviamo di fronte ad «un aumento ingiustificato dei prezzi».
Come intervenire per frenare la speculazione? L'unico modo, convengono a distanza Tabarelli e Starace, è quello del tetto al prezzo del gas. Ma ci sono Paesi, spiega il presidente di Nomisma energia, che non vogliono. A partire da «Olanda e Germania, che stanno sotacolando questa misura». Già, la Germania, che a dirla tutta neanche se la sta passando bene. Il cancelliere Olaf Scholz nelle ultime settimane ha annunciato interventi di razionamento, riduzioni dell'Iva per il gas e ha persino ventilato la proposta, poi frettolosamente ritirata perché nel governo ci sono anche gli ultra ambientalisti, di lasciare un altro po' in funzione le centrali nucleari. Ma la situazione diventa ogni giorno più drammatica. Se in Italia, come ha certificato il Gse, prezzo di acquisto dell'energia elettrica la scorsa settimana si è attestato a quota 500 euro, con un rialzo del 9,7% e un valore assoluto impressionante, in Germania il costo della luce ha superato, udite udite, i 700 euro al megawattora, un record assoluto che rappresenta una tariffa 14 volte più alta della media stagionale degli ultimi 5 anni. Ma non è tutto.
 

 

 

NEFASTA PREVISIONE Secondo la Bundesbank «la peggiore performance economica in inverno è diventata significativamente più probabile». «L'alto livello di incertezza sulle forniture di gas nel prossimo inverno e il forte aumento dei prezzi», ha spiegato la banca centrale tedesca, «probabilmente peseranno in modo significativo sulle famiglie private e sulle imprese». E «la probabilità che il pil diminuisca nel prossimo semestre invernale è comunque aumentata in modo significativo, a causa degli sviluppi sfavorevoli nel mercato del gas».
Insomma, la Germania è il principale nemico del tetto al prezzo del gas, mala mancata introduzione del tetto sta distruggendo l'economia tedesca. Difficile da capire. «La situazione è complicata» spiega a Libero Tabarelli, «Berlino non vuole il price cap perché molte società tedesche hanno interessi nel Mare del Nord, dove si produce gas e lo si vende». Ma le responsabilità non finiscono qui. La Germania, secondo il presidente di Nomisma energia è anche «responsabile di avere alimentato in Europa e in Italia l'idea che si potesse fare senza problemi la transizione energetica», Intanto, però, restavano attaccati, grazie ai prezzi allora molto bassi del combustibile, ai tubi di Putin, con una dipendenza persino più alta della nostra e l'ambizione di diventare l'hub europeo del metano, e si riscaldavano con una quota assai elevata di carbone.
Hanno fregato tutto il Continente. Ma ora sono guai anche per loro.

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