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Giorgia Meloni al governo, "la finanza brinda": cosa sta succedendo

Sandro Iacometti
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Non è esattamente un assegno in bianco, né un'apertura di credito illimitata, tanto per rimanere nell'ambito del gergo bancario. Ma rispetto agli allarmi e agli anatemi lanciati in Italia e all'estero, il messaggio arrivato ieri dai principali istituti di credito italiani è abbastanza eloquente: dopo 14 anni di ammucchiate, coabitazioni forzate e traballanti governi tecnici, finalmente in Parlamento (e a Palazzo Chigi) ci sarà una maggioranza netta, definita e, soprattutto, stabile. Quella stabilità che ai mercati è sempre piaciuta e continua a piacere. Le fibrillazioni degli ultimi giorni su borse e spread? In realtà, ha spiegato l'ad di Banco Bpm, Giuseppe Castagna, «i mercati sono molto tranquilli. Mercoledì scorso ero a Londra con gli investitori e nessuno, a differenza delle altre volte, mi ha fatto domande sullo scenario politico». «Che l'Italia abbia un tasso d'interesse superiore alla Grecia si giustifica solo con la speculazione, che poi rientrerà (perla cronaca ieri lo spread è tornato a 242 punti, in flessione del 2,64%, ndr) perché non è correlata ai nostri fondamentali», ha tagliato corto il ceo di Intesa Sanpaolo, Carlo Messina, preoccupandosi più del fatto che il nuovo governo si impegni con forza per affrontare «la povertà e le diseguaglianze», che sono la priorità assoluta.

 

 

 

MAGGIORANZA CHIARA - Ancora più chiara l'analisi di Andrea Orcel, numero uno di Unicredit, secondo cui «l'elemento positivo, che in parte è stato riconosciuto anche dal mercato, è che c'è una maggioranza chiara e quindi una capacità di formare il governo e prendere decisioni rapidamente, che era uno dei temi che preoccupavano molto». Insomma, forse i grandi banchieri non tifano per Giorgia Meloni, ma poco ci manca. Nella cornice del settimo congresso del sindacato bancario Uilca il segretario generale Fulvio Furlan, tra una tavola rotonda e un vertice con i suoi, si è alternato in confronti singoli con tutti i protagonisti del mondo bancario e assicurativo italiano, dai manager fino ai presidenti delle associazioni di categoria. E i toni apocalittici che ancora caratterizzano gli ultimi strascichi di campagna elettorale postuma sono completamente assenti. Le preoccupazioni del settore, a partire da quelle dei lavoratori rappresentati da Furlan, riguardano l'avanzamento del Pnrr, l'andamento dell'inflazione, il ruolo che dovranno giocare le banche nel sostenere e spingere lo sviluppo economico.

 

 

 

Delle polemiche su Bella Ciao o sulle passioni giovanili di Giorgia Meloni non frega niente a nessuno. Quello che conta qui è tenere il Paese sui binari, sfruttando una condizione di solidità delle imprese e delle stesse banche, che, pur di fronte a sfide difficilissime come la guerra e i problemi energetici, non hanno mai mollato. Questo capitale a disposizione il governo dovrà usarlo per portare avanti il Pnrr, tenere sotto controllo il debito e dialogare con la Ue. Un tema importante, specie per le banche. Come spiega il presidente dell'Abi, Antonio Patuelli, con Bruxelles ci dovrà essere una «interlocuzione, costruttiva e tempestiva» per evitare che le norme (come quelle sulle moratorie o aiuti) siano poi subite. In ogni caso l'integrazione con la Ue è un elemento imprescindibile. E la discontinuità? Su un punto Furlan ha le idee chiare: «Spero che il nuovo governo presti finalmente attenzione al settore bancario, strategico sia sotto il profilo sociale sia economico, che fino ad ora è stato dimenticato da tutti».

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