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Reddito M5s, "il Pd sapeva tutto": che scandalo hanno coperto

Enrico Letta

Michele Zaccardi
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La stretta sul Reddito di cittadinanza voluta dal governo Meloni ha scatenato i piagnistei della sinistra. Geremiadi talmente sguaiate che, contro la legge di bilancio che prevede di abolirlo a partire dal 2024, Enrico Letta è arrivato al punto di annunciare una manifestazione a Roma, anticipando persino i grillini. Ma che il Movimento 5 Stelle sia contrario a qualunque modifica alla propria creatura appare scontato. Lascia invece perplessi che a scendere in piazza al grido di "No pasarán" sia uno come il segretario Pd. E non tanto perché gli manchi il physique du rôle, ma piuttosto perché né lui, né il suo partito, sono mai stati dei sostenitori entusiasti del Reddito, che invece hanno sempre tollerato un po' controvoglia, quasi per dare un contentino agli alleati Conte e soci. Ma soprattutto sono sempre stati consapevoli del fatto che mettere nello stesso calderone assistenzialismo ai poveri e sostegni ai disoccupati non avrebbe mai potuto funzionare.

 

 

 


IL PROGRAMMA
Non a caso, con la legge di Bilancio 2021 varata dal governo Conte II venne introdotto il programma Gol (Garanzia di Occupabilità dei Lavoratori). Fortemente voluto dall'allora ministro del lavoro Pd Andrea Orlando e inserito nel Pnrr, il piano ha lo stesso obiettivo del reddito di cittadinanza: aiutare i disoccupati a trovare un lavoro. Un'ammissione implicita del fallimento, pressoché completo, delle politiche attive collegate al sussidio grillino. Fallimento che emerge anche dai dati: appena il 20% degli oltre 2 milioni di percettori in età lavorativa nel 2021 aveva un posto, mentre non esistono statistiche o analisi di organismi pubblici su quanti abbiano trovato lavoro attraverso i centri per l'impiego.


Secondo l'ente di ricerca Inapp, si tratterebbe di appena il 4% degli utenti totali (non solo quindi i beneficiari del reddito). Insomma, i centri per l'impiego in Italia non funzionano. Per rafforzarli è nato quindi il Gol che, oltre alla dote da 4,4 miliardi che il Pnrr gli assegna per una serie di misure per favorire l'occupazione, può contare su altri 600 milioni di euro. L'obiettivo è riuscire a coinvolgere, entro il 2025, 3 milioni di persone, delle quali 800mila in attività formative. E tra questi rientrano esplicitamente i beneficiari del Reddito di cittadinanza. Insomma, nonostante i proclami, dalle parti del Pd erano perfettamente a conoscenza dei difetti dell'impalcatura delle politiche attive, tanto è vero che hanno deciso di investire una montagna di quattrini per porvi rimedio. Ma c'è dell'altro.

 

 


LA STRETTA
A luglio, in sede di conversione del Decreto Aiuti, il Pd a Montecitorio votò a favore di un emendamento proposto dal centrodestra per restringere le maglie della mancia grillina. Con la modifica, poi approvata da entrambe le Camere, venne stabilito che, nel conteggio dei due rifiuti che fanno perdere il diritto al sussidio, rientrano non solo le offerte pervenute dai centri per l'impiego ma anche le chiamate dirette da parte di un datore privato. Un modo per scavalcare le (inefficienti) strutture di collocamento pubbliche. Del resto sono numerosi i casi di beneficiari che, in 18 mesi e più, non hanno ricevuto neanche un'offerta dai famigerati centri. Ma la prima stretta al Reddito risale alla legge di Bilancio 2022, quando a Palazzo Chigi c'era Mario Draghi e il Pd di Letta sedeva sui banchi della maggioranza.

Da allora, le proposte che possono essere rifiutate prima di perdere il reddito sono scese da tre a due: la prima è ritenuta "congrua" solo se entro 80 chilometri dalla residenza, mentre per la seconda, a condizione che sia a tempo indeterminato, non c'è più alcun limite di distanza. Inoltre, sempre nella stessa legge di Bilancio venne prevista una sforbiciata progressiva dell'importo di 5 euro al mese a partire dal sesto mese. Ora, il taglio previsto dal governo Meloni, per il quale Letta e compagni si stracciano le vesti, e riguarderà solo i 660mila "occupabili", ma non occupati, che continueranno a ricevere il sussidio fino ad agosto dell'anno prossimo. Tuttavia, al primo rifiuto di una proposta "congrua" perderanno l'assegno. Dal 2024, poi, il Reddito verrà abolito per essere rimpiazzato con un'altra forma di sostegno destinata, molto probabilmente, soltanto a chi non è in grado di lavorare. E c'è da aspettarsi che sarà anche meno onerosa per le casse dello Stato: tra aprile 2019, quando venne staccato il primo assegno, e aprile 2022, il Reddito di cittadinanza è costato la bellezza di 23 miliardi di euro. 

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