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Piazza Affari brinda a Giorgia Meloni: volano i listini, gufi smentiti

Antonio Castro
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Meglio di Londra, New York, Francorforte, Parigi. Piazza Affari festeggia il primo anno del governo Meloni con una crescita tonda del 33%. Insomma, in poco meno di 12 mesi chi avesse investito 100 euro sull’andamento del listino milanese avrebbe portato a casa una crescita di un terzo del capitale investito. Non male considerando gli andamenti solitamente funambolici della borsa italiana. Ciò che più sorprende non è (solo) la crescita esponenziale dell’Ftse Mib- l’indice italiano che raggruppa le 40 società quotate a maggiore capitalizzazione- quanto il raffronto dal 26 settembre 2022 con l’indice Msci World che raggruppa i titoli delle aziende a maggiore capitalizzazione delle 23 piazze finanziarie dei Paesi più sviluppati del mondo.

CONFRONTO RECORD
L’analisi condotta da Plus24 - il supplemento settimanale de Il Sole 24 Ore mette in colonna gli andamenti dei titoli più significativi della piazza finanziaria milanese. E a sorprendere è soprattutto il confronto con gli andamenti internazionali. I titoli delle società italiane quotate hanno galoppato parecchio. Soprattutto quelli del comparto bancario e dell’energia. Certo l’ipotesi ancora “fumosa” di un prelievo straordinario sui profitti del settore bancario ha acceso qualche campanello di allarme tra gli operatori finanziari. C’è da vedere (e si attende il 27 settembre quando il governo presenterà la Nota di aggiornamento del documento di economia e finanza, Nadef), come Palazzo Chigi e Via XX Settembre disegneranno la cornice degli interventi di politica finanziaria per il prossimo anno. Il sistema bancario, e a cascata gli operatori del settore, attendono di sapere come si muoverà il governo. Di certo a Palazzo Mezzanotte- visti i numeri della maggioranza - confidano, di base, su una stabilità politica di legislatura che in Italia è già un piccolo miracolo. Poi c’è il capitolo riforme che vincola le tranche finan500 ziarie del Pnrr - che pare ben avviato. Ma l’abbrivio non basta. Bisogna portare in porto le riforme promesse a Bruxelles per incassare le rate dei fondi promessi e dei prestiti concessi. Il tutto secondo le scadenze prestabilite.

 

Messo a segno un primo anno con il vento finanziario in poppa, i dubbi degli analisti e degli esperti interpellati dal quotidiano di Confindustria, sono piuttosto su quale futuro ci aspetta. La congiuntura internazionale oscilla tra un rallentamento economico - che ci si augura non sia troppo brusco - e un atterraggio morbido (“soft landing”) per l’economia globale presa nel fuoco incrociato dell’aumento dei costi energetici, un rallentamento dei consumi, l’inflazione ancora difficile da governare e il conflitto ai bastioni orientali d’Europa che continua a destabilizzare. Per questo c’è grande attesa per conoscere i numeri sulla crescita previsti (e ipotizzati) che verranno cristallizzati nel Nadef.

C’è da dire che altre variabili dovranno essere tenute in considerazione. A cominciare dalla congiuntura internazionale. L’Ocse stima una crescita dei Paesi aderenti intorno all’1% nel 2023 e dell’1,5% per il 2024. Il Tesoro sembra orientato a confermare le aspettative: una crescita intorno all’1% per quest’anno e un agganciamento ai valori internazionali per il 2024.

INCOGNITA UE
La vera incognita - in gran parte politica- è se da gennaio Bruxelles esigerà il ritorno “senza se e senza ma” al rispetto dei parametri del Patto di stabilità. Vale a dire che non si potrà più sforare nel rapporto deficit/Pil. Variabile non da poco per un Paese come l’Italia che ha in eredità un debito pubblico tra i più elevati al mondo (solo il Giappone fa peggio di noi ma loro sono liberi di stampare moneta). Insomma, c’è da vedere se la Bce di Francoforte e gli euroburocrati di Bruxelles in vista pure delle elezioni del prossimo giugno - acconsentiranno ad un rientro soft nei parametri di bilancio o se i soliti falchi la spunteranno.

 

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