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Legno, abbonda ma lo lasciamo marcire

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Attilio Barbieri
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 Prezzi dimezzati per la legna e tornati a livello del 2019 per i pellet. A spegnere la fiammata inflazionistica che aveva portato le quotazioni ai livelli record del 2022 hanno contribuito due fattori del tutto estranei al mercato: le tempeste che hanno provocato la caduta di milioni di alberi in Europa e l’azione di un minuscolo parassita, il bostrico, che provoca il disseccamento repentino degli abeti rossi. Lo “scarabeo tipografo”, definito così perché scava delle piccole gallerie sotto la corteccia che ricordano le righe di testo in piombo, composte in tipografia con le linotype, a dispetto delle dimensioni è capace di attaccare intere foreste fatte da decine di migliaia di abeti rossi e provocarne il disseccamento nel volgere di alcune settimane.
Il bostrico sta colpendo duramente in tutto il nord della Penisola, anche se le Regioni più colpite sono Veneto e Trentino Alto Adige. Ma ha alle spalle una striscia ininterrotta che parte dalla Germania e valica i nostri confini, passando per Austria e Slovenia.


DISCESA INASPETTATA
E proprio la disponibilità inaspettata di milioni di abeti rossi ha fatto precipitare il prezzo sul mercato. Giusto per avere un idea il legno di abete non tagliato è sceso lo scorso mese di ottobre a 34,2 euro al metro cubo. Costava più del doppio, precisamente 75 euro al metro cubo nel 2022. Ancora più netta la discesa dei pellet, i cilindretti di cippato pressati divenuti un’alternativa vantaggiosa al metano per i riscaldamenti domestici. Fra la fine del 2021 e l’inizio del 2022 erano in vendita a circa 15 euro al sacco da 15 chilogrammi, mentre ora sono tornati ai prezzi del 2019: da 5,50 a 6,50 euro al sacco. Un terzo rispetto al picco registrato nel momento della crisi energetica, con lo stop alle importazioni da Russia e Ucraina.
Del crollo inatteso ne beneficiano sicuramente i consumatori europei e italiani. Non la filiera tricolore che si trova tuttora a importare circa l’80% di legna da ardere e pellet. Una dipendenza che ha amplificato le speculazioni verificatesi nel biennio 2021-2022 e si deve alla nostra incapacità di inserire nel circuito produttivo i milioni di alberi abbattuti dalle tempeste o disseccati dal bostrico. Nelle attività agroforestali siamo in ritardo di decenni. Gli abeti morti devono essere abbattuti e portati in segheria in un lasso di tempo che non superi i sei-otto mesi. Altrimenti vengono ulteriormente attaccati da altri parassiti e degradati dalle intemperie. E noi non siamo in grado di farlo.


«Se il prelievo avviene rapidamente, il materiale è ancora di buona qualità, equiparabile a quello degli alberi in piedi», spiega al Sole 24 Ore Alessandro Calcaterra, presidente di Fedecomlegno, l’associazione di FederlegnoArredo che rappresenta i commercianti e importatori. 

CATASTROFE
Mentre in Austria e in Germania esiste una filiera agroforestale efficiente, con macchinari potenti, trattrici in grado di abbattere e lavorare svariate migliaia di alberi al giorno, da noi nella gran parte delle aree boschive la situazione è ancora quella degli anni Ottanta. A impedire lo sviluppo della filiera del legno ha contribuito in misura determinante la campagna degli ambientalisti che hanno impedito finora la messa a reddito del patrimonio boschivo tricolore, impedendo il taglio selettivo degli alberi. Così, sui nostri rilievi, ci sono milioni di alberi secchi che stanno marcendo e diventano pericolosi. Una miniera d’oro a cielo aperto che non riusciremo a sfruttare.

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