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Mes, gufi smentiti: lo schiaffo all'Ue non agita i mercati

Sandro Iacometti
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L’Europa ce la farà pagare, gli investitori pure. L’Italia perderà la sua credibilità internazionale. A sentire la sinistra ieri doveva venire giù il mondo. Non s’è mossa una foglia. Della clamorosa e dirompente bocciatura del famigerato Mes i mercati manco se ne sono accorti. La Borsa ha aperto in calo dello 0,34% e ha chiuso addirittura meglio, con un -0,29%. Risultato che non ha intaccato i record macinati nelle ultime settimane. Il Ftse Mib si è attestato a fine seduta a 30.274 punti, poco sotto i 30.363 punti dello scorso 19 dicembre, toccati l'ultima volta il 19 giugno del 2008.

Da inizio anno l’indice principale di Piazza Affari guadagna il 27,7%, confermandosi il migliore tra quelli delle principali piazze finanziarie europee, tanto perché il Paese è allo sbando e stiamo per andare a sbattere, come ama ripetere il leader della Cgil, Maurizio Landini. Per la cronaca ieri l’Inps ha anche segnalato che dal 2019 ci sono in Italia un milione di posti fissi in più, alla faccia della precarietà dilagante. Quanto ai Btp, l’esame di ieri non riguardava solo la terribile stroncatura del Mes, ma anche il Patto di Stabilità, il cui accordo trovato mercoledì sera, secondo gli espertoni delle opposizioni, metterebbe a rischio i conti italiani e renderebbe necessaria una manovra correttiva a metà del prossimo anno. Ebbene, anche su questo fronte, nulla da segnalare. Anzi, sembra che le novità siano addirittura piaciute.

 

 

BTP AI MINIMI
Il rendimento dei titoli di Stato decennali ha proseguito anche ieri la sua lenta ma costante discesa, chiudendo le contrattazioni del mercato obbligazionario al 3,57% (con un calo dello 0,33%), un rendimento che viaggia ai minimi dalla scorsa estate. Quanto allo spread, è calato pure quello. Il differenziale tra Btp e Bund tedeschi è sceso dello 0,74% attestandosi a 161 punti. Per trovare un valore più basso bisogna tornare ad una manciata di giorni dello scorso giugno. Ma per trovare livelli stabilmente inferiori bisogna andare ancora indietro fino ad aprile. Vabbè, ai mercati non frega un piffero del Mef. Ma a Bruxelles, chissà che strali avranno lanciato contro l’Italia, l’unico Paese dell’eurozona che non ha ratificato la riforma del fondo salva stati (che con le modifiche diventa anche un salva banche) privando tutti gli altri di questo prezioso strumento. Ebbene, la parola più forte arrivata dall’Europa è «rammarico», unita a «rispetto», quello nei confronti del voto di un Parlamento sovrano.

 

 

Due termini che ricorrono sia nelle dichiarazioni del presidente dell’eurogruppo Pascal Donohoe, sia in quelle del diretto interessato, il direttore del Mes, Pierre Gramegna. Il quale ha voluto precisare che «senza la ratifica di tutti gli Stati membri, il Mes non sarà in grado di fornire il sostegno comune al Fondo di risoluzione unico dell’Unione bancaria, di cui beneficerebbero tutti i paesi dell’area euro». Dimenticando di far notare che l’Unione bancaria vera e propria ancora non esiste, così come non esiste, e non c’è neanche un canovaccio di accordo all’orizzonte, per il Sistema europeo unico di assicurazione dei depositi (Edis), tassello fondamentale per rendere operativo tutto il pacchetto. Alla fine, comunque al posto del panico o della rabbia per lo sgambetto dell’Italia, arriva una semplice presa d’atto. «Il Mes», ha spiegato Gramegna, «si impegna a continuare a sostenere i suoi membri e ad adempiere all'importante mandato per il quale è stato creato: garantire la stabilità finanziaria nell’area dell’euro. Continuerà a farlo nell’ambito dell’attuale trattato Mes». Insomma, nulla di irreparabile.

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