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Gianduiotti e aceto, scoppia la pace: rivoluzione a tavola

Attilio Barbieri
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In questo primo scorcio di 2024 si sono chiuse due dispute che hanno tenuto banco per diversi anni. È scoppiata la pace fra i due consorzi dell’aceto balsamico di Modena, quello che tutela l’Igp e l’altro che rappresenta i produttori del balsamico tradizionale Dop. Dopo quasi vent’anni di polemiche e dispetti reciproci i due enti hanno dato vita a un consorzio di secondo grado, “Terre del balsamico”, sotterrando definitivamente l’ascia di guerra. Per i consumatori, però, alla fine cambia poco. I due prodotti continueranno a coesistere sul mercato com’è stato finora.

Si annunciano invece grandi cambiamenti per la nascita di una nuova Igp (Indicazione geografica protetta), quella del Gianduiotto di Torino, frutto di un altro accordo storico, maturato con il passo indietro compiuto dalla multinazionale svizzera Lindt, che ha in pancia dal 1997 la Caffarel storico produttore di cioccolato e di gianduiotti. Fino all’inizio dell’anno gli svizzeri si sono opposti in tutti i modi alla registrazione dell’Igp, giudicando troppo stringenti le regole messe in gioco dal disciplinare elaborato dal comitato promotore. Il nein del gruppo di Zurigo era soprattutto sulla percentuale di nocciole del Piemonte Igp prevista dalla bozza di disciplinare, dal 30 al 45%, mentre la ricetta Caffarel, come emerge chiaramente anche dal sito web dell’azienda, ne prevede appena il 28%.

Non basta. La stessa Caffarel ha registrato il marchio «Caffarel 1865. L’autentico Gianduiotto di Torino». Un claim che, sempre secondo gli svizzeri, fa a pugni con il riconoscimento del Gianduiotto di Torino Igp, dal momento che l’indicazione geografica gli conferirebbe una patente di unicità.

 

LA SVOLTA A FEBBRAIO

La svolta nella diatriba che ha congelato la richiesta del riconoscimento Igp è arrivata all’inizio dell’anno, quando il governatore del Piemonte Alberto Cirio ha convocato un tavolo di confronto cui sono state chiamate a sedere tutte le parti coinvolte: pasticceri, artigiani e mastri cioccolatieri, Camera di Commercio, Università di Torino e, naturalmente, Lindt.

E al tavolo regionale arriva il compromesso che consente di sbloccare il disciplinare e l’iter per richiedere l’Indicazione geografica: i due gianduiotti poteranno coesistere. Caffarel potrà continuare a presentare il proprio come «l’autentico Gianduiotto di Torino» anche senza seguire il disciplinare, fermandosi al 28% di pasta di nocciole. Al tempo stesso gli altri produttori, artigianali o industriali che siano, potranno applicare le norme stringenti del disciplinare e ottenere l’Igp.

«L’intervento del governatore Cirio è stato provvidenziale», spiega a Libero l’avvocato Antonio Borra, segretario del Comitato promotore. «Dopo le obiezioni espresse dalla Lindt il processo era bloccato», racconta, «mentre il confronto al tavolo regionale ha consentito di superare lo stallo. Il disciplinare prevede infatti la coesistenza dei due prodotti il Gianduiotto di Torino Igp e il gianduiotto Caffarel».

 

STORICITÀ DELLA RICETTA

Né ci possono essere dubbi sulla storicità della ricetta da cui prende le mosse la richiesta della Igp. «L’utilizzo in quantità elevata del grasso ottenuto dalle nocciole del Piemonte è dovuto al blocco continentale dichiarato da Napoleone Bonaparte nel 1806 con il divieto alle navi provenienti dal Regno Unito o dalle sue colonie di attraccare nei porti dell'impero francese e dei suoi alleati. In pratica quasi tutto il resto d’Europa.

Con il blocco navale il cacao scarseggiava e i cioccolatieri torinesi, quasi tutti di origine valdese, ovviarono utilizzando la pasta di nocciole». Ora il disciplinare con la domanda di riconoscimento della Igp è al vaglio del ministero dell’Agricoltura. «Se è stato possibile arrivare a questo punto», conclude l’avvocato Borra, «lo dobbiamo all’intervento del presidente Cirio, all’impegno della Camera di Commercio di Torino e al supporto costante che ci ha fornito il ministro Lollobrigida. Un caso virtuoso, con le istituzioni che sono scese in campo con noi».

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