Avviso a declinisti, disfattisti, gufi e catastrofisti: le imprese italiane sono più muscolari di quelle francesi e tedesche. Come accade ormai da quasi tre anni, i sindacati portano in piazza i lavoratori annunciando l’apocalisse e le opposizioni si stracciano le vesti per il baratro economico che si avvicina. Istigazioni al panico regolarmente smentite dai fatti. Ad analizzare l’andamento delle nostre aziende non è l’ufficio stampa di Palazzo Chigi, ma gli esperti di Mediobanca, Unioncamere e Centro studi Tagliacarne che hanno fotografato le performance delle medie imprese italiane, il motore della nostra manifattura, del made in Italy e dell’export.
Ebbene, udite udite, la realtà è che tra il 2014 e il 2023, la produttività del lavoro (valore aggiunto per dipendente) delle medie imprese italiane è aumentata del 31,3%, avanzando ad un ritmo più veloce di quello delle corrispettive spagnole (+29,9%), tedesche (+25,8%) e francesi (+20,2%). E se confrontiamo i valori assoluti della produttività del lavoro dei diversi Paesi, l'Italia supera del 3,3% la Germania, del 14,7% la Francia e del 18,7% la Spagna. Le medie imprese italiane si posizionano al secondo posto tra i principali competitors europei per performance registrate nell'ultimo decennio in termini di fatturato (+54,9%) e di occupazione (+24,2%), superate solo dalle Mid-Cap spagnole (rispettivamente +80,8% e +45,8%). Una netta supremazia rispetto alle omologhe francesi (+41% e +11,5%) e tedesche (+38,5% e +8,8%). Anche sul fronte dell'innovazione, l'Italia del capitalismo familiare conquista la medaglia d'argento: il 45,8% delle medie imprese tricolore possiede dei brevetti, una quota più bassa di quella tedesca (61,2%), ma più alta di quella francese (32,2%) e spagnola (31,2%).
E non è finita. Perché questo manipolo di super imprese (meno di 4mila) che corrono più delle principali economia dell’Europa hanno anche spinto i risultati complessivi del Paese. Negli ultimi cinque anni, ha detto il presidente di Unioncamere, Andrea Prete, siamo cresciuti del 35 per cento in termini di export, «tedeschi e francesi del 17 per cento». Sulle esportazioni «siamo il quarto paese al mondo, dopo Cina, Usa e Germania ma anche il primo nella diversificazione dei prodotti e dei settori». Altro schiaffo ai gufi: il debito pubblico italiano «negli ultimi anni è cresciuto meno percentualmente di Germania, Francia e Usa. Il 54 per cento del debito di francesi e tedeschi lo hanno in mano gli investitori stranieri, mentre solo il 28 per cento del debito italiano è in mano agli stranieri e questo è una forza del nostro paese».
Per chi non fosse ancora convinto in serata è arrivato pure il rapporto Luiss-Tecnè, secondo cui la fiducia delle famiglie italiane sta crescendo, così come la percezione della propria condizione economica e del futuro del Paese. Per il 35,6% delle famiglie le entrate superano le spese, mentre cala al 13,3% la quota di chi è in difficoltà, il dato migliore degli ultimi nove mesi. L’indice sulla condizione familiare nei prossimi 12 mesi sale a 2,90, il più alto da ottobre scorso. Aumenta la propensione agli acquisti di beni durevoli, segno di maggiore serenità e sicurezza e migliora la percezione del mercato del lavoro, con un indice in crescita costante e attese più ottimistiche anche tra le fasce più fragili della popolazione. Insomma prima di cadere nell’abisso ci vorrà del tempo. Ma non ditelo a Landini, Conte e Schlein.