Ecco la mappa dei dazi che trasforma i mercati

di Daniele Dell'Orcosabato 2 agosto 2025
Ecco la mappa dei dazi che trasforma i mercati
4' di lettura

Tra chi rispolvera in fretta i manuali di macroeconomia, chi scartabella le liste dei beni sottoposti a maggiorazione e chi controlla compulsivamente le app di trading, una cosa è certa: tutti vorrebbero essere nella mente di Donald Trump, l’uomo che sta facendo impazzire i mercati finanziari globali.

Dopo la firma dell’ordine esecutivo con cui il presidente statunitense ha ufficialmente rilanciato la sua politica protezionistica, il mondo s’interroga. La nuova misura prevede l’introduzione di tariffe doganali comprese tra il 10% e il 41% su circa settanta Paesi, con la conferma di un dazio del 15% sui prodotti provenienti dall’Unione Europea. Una stretta che, a detta della Casa Bianca, punta a «riequilibrare la bilancia commerciale» degli Usa, ma rischia di avere ripercussioni su catene di approvvigionamento, prezzi al consumo e stabilità economica globale. Il provvedimento non comprende ancora le tariffe sulle automobili al 15% provenienti dal Vecchio Continente, né l’applicazione di alcune clausole strategiche su beni ad alto valore come gli aerei. Tuttavia, è stato confermato che la soglia tariffaria concordata con Ursula von der Leyen entrerà in vigore dall’8 agosto. Fino al 5 ottobre, per le merci già in transito, continueranno ad applicarsi le vecchie aliquote: il 10% base, più l’eventuale percentuale aggiuntiva prevista dalla clausola della «Nazione più favorita».

LA SFIDA COMPETITIVA

L’obiettivo dichiarato da Trump è rendere i prodotti esteri meno competitivi sul mercato americano, incentivando la produzione interna. Un modo per provare a rilanciare l’occupazione nel settore manifatturiero, che negli ultimi cinquant’anni è sceso dal 24% all’8% dell’intera forza lavoro statunitense. Secondo i dati del 2024, gli Stati Uniti hanno registrato un deficit commerciale di oltre 1.200 miliardi di dollari: hanno importato beni per 3.296 miliardi e ne hanno esportati per 2.084.

Ma quanto costano, in concreto, questi dazi? E soprattutto: chili paga? In teoria, i dazi vengono riscossi alla dogana, nel momento in cui la merce entra negli Stati Uniti. A quel punto, il produttore estero ha due opzioni: assorbire il costo, riducendo i propri margini di guadagno, oppure trasferirlo lungo la filiera, scaricandolo sull’importatore e, infine, sul consumatore. Le aziende più esposte alla concorrenza tenderanno a limitare l’aumento dei prezzi. Altre, con prodotti di nicchia o clientela fidelizzata, potrebbero mantenere i listini invariati, facendo pagare il conto ai clienti. Molte imprese europee si muoveranno probabilmente lungo una via di mezzo, ripartendo l’aggravio tra distributori e consumatori finali.

Nel frattempo, la mappa delle tariffe è in continuo aggiornamento. Non solo la Casa Bianca modifica le aliquote man mano che sigla nuovi accordi commerciali bilaterali, ma in un'economia così interconnessa alcuni provvedimenti potrebbero ricadere a cascata anche su attori terzi. Anche perché, in regime geoeconomico, è cosa nota che i dazi siano anche un'arma fortemente politica.

Alcuni esempi: Trump ha scelto di "punire" il Canada per la scelta di avviare l'iter di riconoscimento della Palestina, applicando tariffe del 35%, e di bastonare il Brasile con dazi al 50% per via del processo avviato contro l'ex Presidente Jair Bolsonaro, accusato di aver tentato di sovvertire il risultato elettorale nel 2022. Ma queste soglie potrebbero essere riviste in caso di dietrofront delle rispettive cancellerie.

C'è poi il caso del Pakistan, che ha accolto persino con favore il nuovo accordo tariffario con gli Stati Uniti che fissa un dazio del 19% sulle sue esportazioni, questo perché il tasso è inferiore al 25% attualmente imposto alla vicina (e belligerante) India.

SANZIONI SECONDARIE

Proprio Nuova Delhi è tra i bersagli principali non solo di questo ordine esecutivo ma anche di quello, per ora solo annunciato, delle "sanzioni secondarie" da applicare alla Russia nei prossimi giorni. Quelle cioè che colpiscono chi commercia con Mosca. I primi partner russi in assoluto sono Cina, Turchia, di nuovo Brasile e la stessa India (oltre a diversi Paesi Ue tra cui Francia, Ungheria, Olanda e Slovacchia in alcuni settori specifici, come idrocarburi o combustibile nucleare), che dall'inizio del conflitto in Ucraina sta facendo affari d'oro con Mosca importando il fossile a basso costo.

Questi provvedimenti, allora, nell'ottica di Trump possono e devono diventare strumenti di pressione politica per barattare decimali da ribassare a fronte di un riposizionamento geostrategico. Altri esempi evidenti sono: gli alti dazi riservati a Siria (41%), Serbia (35%) e Myanmar (40%) a fronte di un "vantaggioso" 15% per gli alleati Giappone e Corea del Sud o il 20% riservato a Taiwan.

L'unica anomalia è il pesantissimo 39% fissato ai danni della Svizzera, con le autorità elvetiche che si sono dette «scioccate» dal provvedimento emanato da Washington. Tuttavia, considerando che ieri in Svizzera era tutto fermo per la festa nazionale della nascita della Confederazione, Berna avrà ancora alcuni giorni a disposizione per negoziare condizioni simili a quelle ottenute dall'UE e dai partner asiatici.

Ma tutto considerato, questo torrido inizio di agosto potrebbe essere ancora solo l'antipasto di ciò che accadrà tra una decina di giorni, col fuoco americano che, per colpire Mosca, si abbatterà sui giganti Pechino, Ankara e Nuova Delhi.

ti potrebbero interessare

altri articoli di Economia & Media