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Martedì campale per la Fiat e Pomigliano

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Alla vigilia del referendum, ecco i contenuti dell'accordo non firmato dalla Fiom

Roberto Amaglio
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Siamo alla vigilia di una giornata campale per Pomigliano e gli stabilimenti Fiat del Mezzogiorno. Martedì dalle 8 alle 20, infatti, i 5200 dipendenti dell'azienda motoristica torinese saranno chiamati a votare il referendum sull'accordo firmato la settimana scorsa da tutti i sindacati tranne la Fiom, i metalmeccanici della Cgil. Se sul no della Fiom (che rappresenta il 20% dei lavoratori iscritti a un sindacato) si è già parlato molto -così come degli scioperi, delle contromanifestazioni e delle dichiarazioni di politici e sindacalisti di ogni colore e sigla –, è forse il caso di approfondire nel merito i contenuti del nuovo piano di rilancio di Pomigliano. Apertura Fiat - Sul piatto della bilancia Marchionne ha messo un piano di investimenti da 700 milioni di euro. Con queste risorse il Lingotto trasferirà in Campania la produzione della nuova Panda, raffreddando la pista che portava in Polonia, dove gli stabilimenti Fiat sfornano auto con livelli quantitativi (e di costi) mai visti in Italia. Sacrificio lavoratori - Ovviamente in cambio l'azienda chiede ai lavoratori dei sacrifici. Nel dettaglio, oltre a un taglio di organico stimato intorno alle mille unità, i turni settimanali saliranno a 18, compreso quello di domenica notte; incremento del 200% anche per le ore obbligatorie di straordinari annui (da 40 a 120), oltre alla possibilità di punire gli scioperi ritenuti “ingiustificati” anche con il licenziamento. Dirittti vs assenteismo - La lotta che sembra stare più a cuore a Marchionne, infatti, è quella all'assenteismo e ai bassi livelli di produttività dello stabilimento campano. Il testo proposto dalla Fiat, infatti, inserisce una clausola che, secondo la Fiom, rappresenta una violazione dello Statuto dei Lavoratori. In sintesi, la clausola prevede che il sindacato è libero di proclamare uno sciopero, ma se questo incide sui risultati produttivi promessi, il sindacato avrà conseguenze in termini di contributi e permessi. Inoltre, se ci si mette in malattia in massa (per futili motivi) senza che ci sia un'epidemia, scatta il mancato pagamento dei primi tre giorni di malattia. Confronti - Ovviamente impietoso è il paragone con lo stabilimento di Tychy, in Polonia, il quale ha prodotto la vecchia Panda con performance da record: i 6.000 dipendenti realizzano da soli lo stesso numero di auto dei 20.000 colleghi dei cinque stabilimenti italiani del gruppo, con costi decisamente inferiori (stipendio medio di 750 euro al mese) e un risparmio finale per vettura stimato in 500-600 euro. Se a Pomigliano non si possono imporre queste condizioni di lavoro, l'obiettivo è quello di raggiungere il traguardo di 270 mila vetture l'anno: nel 2009 ci si è fermati a 35 mila (da calcolare però i molti mesi di cassa integrazione). Per riuscirci, quindi, bisogna fare in modo che gli stabilimenti (e i lavoratori) operino a pieno regime, abbattendo l'assenteismo. Referendum - Questo quanto i lavoratori saranno chiamati a votare martedì in un referendum ritenuto vincolante più dai sindacati che dalla Fiat. Visti gli investimenti, infatti, a Marchionne piacerebbe che la causa venga sposata al 100%. In caso contrario, la strada che porta a Tychy diventerà sempre più percorribile con il passare degli anni.

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