Per la prima volta il Marocco sorpassa l’Italia per produzione di auto targate Stellantis. Raggiungendo, nel 2024, quasi un milione di veicoli prodotti. Un cambio di passo che mostra chiaramente la nuova strategia di uno dei principali colossi dell’automotive mondiale, fondata e cresciuta per la maggior parte della sua vita in Italia. E che ora sta trasferendo in nuovi Paesi (leggasi Marocco, Algeria, Polonia e Serbia) portandoli ad essere i principali protagonisti delle quattroruote.
Non è certo una novità che il gruppo franco-italiano stia scommettendo in particolare sul Paese nordafricano, dove il costo del lavoro è molto più basso rispetto a quello italico, dove la posizione geografica è strategica visto che le coste marocchine distano poco meno di 40 km da quelle spagnole e che sfrutta, dal punto di vista logistico, la modernità del porto di Tangeri. Una serie di vantaggi competitivi che hanno fatto sì che i vertici di Stellantis abbiano deciso di investire sul territorio magrebino ben 1,2 miliardi di euro.
Negli ultimi 12 mesi, in Marocco non solo è stata raddoppiata la produzione fino a 400mila veicoli l’anno - ricordiamo che nel 2024 in Italia sono stati realizzati solo 475mila automobili (-36,8% sul 2023) - ma è anche quadruplicato il numero dei motori prodotti in loco che ormai si attestano a 350mila annui. E la scelta dei vertici di Stellantis non guarda solamente ai volumi ma pure alla diversificazione dei prodotti che ora punta pure alla micro-mobilità con la Fiat Topolino e la Citroen Ami, entrambe realizzate nello stabilimento marocchino di Kenitra aperto nel 2019. Una fabbrica in cui il nuovo amministratore delegato, Antonio Filosa, ha già annunciato che saranno assunti oltre 3mila operai. Insomma il sogno marocchino comincia davvero a prendere vita visto che l’obiettivo al 2026-28 è toccare una produzione compresa tra i 1,3-1,4 milioni di vetture con l’obiettivo di arrivare addirittura a 2 milioni di automobili già nel 2030.
In netta controtendenza viaggia invece l’Italia dove ci si scontra sempre con gli stessi problemi che riguardano il continuo calo della produttività e la Cig degli operai. Ad essere già in allarme sono i siti di Melfi (Potenza) e quello di Atessa (Chieti). In quest’ultima fabbrica nelle scorse ore è ripresa la produzione dopo la pausa estiva. Ma la novità è che al lavoro ci sono 400 addetti in meno a causa degli esodi incentivati. L’accordo per 427 uscite anticipate nell’impianto «ex Sevel» era stato siglato il 10 giugno, senza la firma della Fiom Cgil. Attualmente si lavora su 2 turni anziché 3 e la produzione arriva a 650 veicoli commerciali Ducato al giorno, sotto la capacità produttiva di 970. Ancora peggiore è la situazione in quel di Melfi dove l’ultima emergenza riguarda il futuro dell’indotto: qui c’è già stata una pesante contrazione dei livelli occupazionali. I sindacati sono pronti a farsi sentire già dal 25 agosto quando riaprirà la fabbrica. L’incognita è sempre la stessa: i volumi di produzioni che verranno fatti nel sito. Proprio per capire come potrebbero andare i prossimi mesi, le sigle sindacali hanno già invitato il top manager di Stellantis, Antonio Filosa, in quel di Melfi per spiegare il nuovo piano industriale che il gruppo ha in mente. E i timori per il futuro occupazionale non riguardano solo i lavoratori lucani, ma anche centinaia di operai che arrivano dalle province limitrofe della Puglia e Campania. «L’indotto è in forte sofferenza» ha detto il segretario della Fim-Cisl Basilicata Gerardo Evangelista. Decine di aziende stanno affrontando vertenze aperte e per questo è «fondamentale garantire l’accesso agli ammortizzatori sociali e attivare tutti gli strumenti previsti dall’accordo per l’area di crisi complessa».