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Lettera a Befera sugli italiani e i veri evasori

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In Italia c'è un sistema tributario folle, e anche chi è in regola col fisco ha una paura folle dell'erario. Secondo voi è giusto?

Andrea Tempestini
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Non so voi, ma io non ho mai conosciuto nessuno che fosse contento di pagare le tasse. L'ex ministro di Romano Prodi, Tommaso Padoa Schioppa, che pure le definì bellissime, credo lo abbia fatto più per dovere che per piacere: quando mai si è visto il responsabile delle Finanze dire che le imposte fanno schifo?  La realtà è che tutti, anche coloro i quali sono in regola con il Fisco, dell'erario hanno paura e si sentono vessati. E dunque,  quando fanno il loro dovere di contribuenti lo fanno malvolentieri. Un po' perché sanno che i soldi da loro faticosamente guadagnati saranno facilmente dilapidati nei mille sprechi di una Casta onnivora. E un po' perché il Fisco con le sue norme non ti dà una mano ma ti complica la vita, costringendoti a sottostare ad adempimenti  assurdi e complicati. Che le cose stiano come dico mi pare accertato, soprattutto dopo la pubblicazione nell'edizione domenicale di Libero dell'articolo dedicato agli strumenti per difendersi da Equitalia. Non si spiegherebbe altrimenti la reazione di molti lettori, i quali non si sono limitati a comprare il nostro giornale svuotando in qualche caso le edicole, ma hanno tempestato il centralino della redazione per saperne di più e segnalarci le loro esperienze. Chiarisco prima di generare equivoci: quelli che ci hanno chiamato non erano evasori. Chi non paga le tasse non ha bisogno dei nostri suggerimenti, lo sa fare benissimo da solo, perché ha le conoscenze e i canali giusti per nascondere al Fisco i propri guadagni. No, a rivolgersi a Libero è la gente che è incappata nella rete dell'agenzia delle entrate o di Equitalia,  persone per bene che sono finite nel mirino degli esattori, vuoi per un errore formale o un'omissione. Di storie di contribuenti  in regola che dalla sera alla mattina si sono trovati nei guai, con un'ingiunzione alle porte e l'impossibilità di riuscire a far valere le proprie ragioni se non dopo aver pagato, ce n'è più d'una e come abbiamo dimostrato non tutti sono i parassiti dipinti dalla pubblicità progresso del governo. Più spesso sono persone messe con le spalle al muro da una cartella pazza. Le statistiche che abbiamo pubblicato dimostrano che almeno un contribuente su tre tra quelli che si vedono recapitare un'imposta da pagare è in regola con il Fisco, ma purtroppo solo dopo diverso tempo – e molti soldi spesi in ricorsi – riesce a veder riconosciute le proprie ragioni. Una percentuale che raggiunge il cinquanta per cento se si calcolano anche quei contribuenti che ottengono ragione solo a metà. Ora, io non voglio mettere sul banco degli imputati gli uomini di Equitalia e dell'Agenzia delle Entrate e dire che le loro richieste sono ingiustificate e i loro sistemi rasentano l'estorsione (le ganasce fiscali di certo non sono un bel metodo: mettere all'asta un bene senza che sia accertato chi ha torto o ragione è come puntare una pistola alla tempia di una persona). Ma il numero di cause che danno ragione ai contribuenti dimostra che nel sistema italiano c'è qualcosa che non va. Non solo ci sono tasse eccessivamente alte, che ci hanno fatto entrare nel guinness dei primati nella non entusiasmante carriera dei paesi che tassano di più, ma l'Italia si distingue anche per il rapporto malsano che esiste tra chi deve versare le imposte e chi le pretende. Il rapporto tra contribuenti e Fisco non è sereno ma accidentato. Prova ne sia che solo per spiegare come compilare la dichiarazione dei redditi servono cinquecento pagine di istruzioni. Non parliamo poi dei versamenti Imu, recentemente introdotti dal governo Monti: per molti italiani sono diventati una corsa a ostacoli, il prossimo dei quali dovrà essere superato fra qualche settimana, con il pagamento della seconda rata dell'imposta sulla casa. Se si vuole che tutti versino il giusto in base al proprio reddito, dato che pagare le tasse non è mai bellissimo, che almeno si cerchi di semplificare la vita ai contribuenti, aiutandoli e assistendoli quando è chiara la loro buona fede e non la voglia di evadere. E' per questo che ci permettiamo di rivolgerci al direttore dell'agenzia delle entrate, Attilio Befera, che conosciamo e stimiamo: perché non fa qualcosa per migliorare i rapporti con gli italiani onesti che pagano le tasse? Come mai non interviene per evitare quel 30 per cento di cartelle pazze, riducendo i contenziosi tra contribuenti e amministrazione fiscale? Dia qualche buon consiglio ai tecnici per riscrivere le norme e renderle più semplici, più comprensibili, meno facili da indurre in errore. Noi di Libero siamo pronti a mettere a disposizione le nostre pagine per favorire un dialogo tra contribuenti e Fisco, migliorando i rapporti e evitando che i cittadini si sentano tutti guardati come potenziali evasori.  Faccia qualcosa caro Befera, perché vede, nel nostro paese ci sono molti evasori, ma non tutti gli italiani sono evasori e non è giusto che siano trattati come tali. di Maurizio Belpietro

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