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Forza Nord salverà l'Italia

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I professori sono riusciti solo ad aumentare le tasse. Le imprese dovrebbero invece affidarsi agli esponenti moderati che puntano sullo sviluppo

Giulio Bucchi
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di Maurizio Belpietro Giampaolo Pansa ha ragione: anch'io, messo di fronte alla scelta Monti o Bersani, non avrei dubbi e mi terrei il professore, il quale per lo meno all'estero gode di una buona reputazione e non ci esporrebbe a cattive figure, tranquillizzando i mercati e le cancellerie europee. Ma bastano le relazioni giuste a farci stare tranquilli e votare a occhi chiusi per un bis dei tecnici? A mio parere no, e spiego subito il perché. Tra le ragioni che inducono il nostro più illustre collaboratore a parteggiare per una conferma dell'ex rettore della Bocconi c'è la situazione economica italiana. Solo il premier infatti sarebbe in grado di difendere i nostri risparmi e tutelare i posti di lavoro, assicurando prosperità alle famiglie italiane. Al contrario, Bersani e il compagno Vendola farebbero disastri, inseguendo la rossa Susanna e trascinandoci  in un baratro di povertà. Io non ho dubbi su quanto succederebbe nel caso vincesse il Pd in compagnia di Sel e con la Cgil a tenere il guinzaglio: finiremmo in malora come dice Giampaolo. A differenza sua, però, non sono affatto convinto che con Monti il destino sarebbe diverso. Al contrario di quanto si crede e di quanto accrediti lo stesso presidente del Consiglio, per il nostro Paese le cose non vanno affatto bene. A distanza di quasi un anno dall'insediamento di Monti, l'economia va peggio di prima. Il Pil è diminuito del 2,6 per cento, il debito ha raggiunto i 2 mila miliardi, la disoccupazione ha superato il 10 per cento. Colpa dell'attuale governo? No, ovvio. Tuttavia non si può evitare di notare che l'esecutivo dei miracoli non è riuscito a fare alcun prodigio, ma si è comportato come un qualsiasi governo democristiano, tassando benzina e sigarette e traccheggiando sul resto. Della spending review si è persa traccia mentre le liberalizzazioni sono ancora ostaggio della macchina statale e delle lobby. Certo, se paragonati ai membri della Casta, i professori riscuotono simpatia e stima. Ma basta questo per affidare loro le chiavi di casa? Sono onesti, d'accordo, ma per far funzionare la baracca Italia non basta l'onestà, servono anche le capacità. Pensate a quanti imprenditori per bene falliscono e capirete che non rubare è un requisito fondamentale per non mandare l'azienda in bancarotta, ma non è sufficiente per garantirne la crescita e lo sviluppo. Giampaolo Pansa mostra una fiducia cieca nei professori, forse per reazione alla ciurma di incapaci e in qualche caso di malfattori che nel passato li hanno preceduti. Tuttavia, i risultati dei tecnici non inducono a stare allegri e per rendersene conto bastava ieri dare un'occhiata a  un articolo di Repubblica, nascosto nelle pagine interne, lontano dai rallegramenti per la riconferma di Monti. Nel testo si dava conto di un intervento del sottosegretario all'economia Vieri Ceriani, il quale davanti alla commissione bilancio della Camera ha ricostruito l'andamento delle entrate, rivelando di essere preoccupato. Gli introiti del fisco su benzina, casa e automobili starebbero calando più del previsto e questo potrebbe costringere il governo ad alzare l'Iva al 23 per cento. Colpa della recessione? Sicuramente. Ma il calo è soprattutto dovuto alle tasse che i bocconiani hanno imposto. Se i consumi di benzina calano facendo crollare le entrate fiscali è perché le accise sono aumentate troppo e gli automobilisti sono costretti a risparmiare usando meno l'auto. Se le imposte sulle vendite di abitazioni diminuiscono è a causa dell'Imu, che ha spaventato gli acquirenti e fatto crollare il mercato. Se si vendono meno auto la responsabilità è sì della crisi, ma anche della paura per il futuro che ogni giorno il nostro premier si preoccupa di dipingerci un po' più incerto. Ieri il presidente di Confindustria Squinzi ha detto che il Paese sta morendo di tasse ed essendo alla guida di un impero che è presente in mezzo mondo sa ciò che dice. L'esecutivo è insomma pieno di buone intenzioni, ma con quelle non si mangia. Allora, che si fa, caro Giampaolo? Se l'alternativa è Monti o Bersani siamo davvero messi male. Eppure io continuo a pensare che la scelta non sia limitata alla sinistra o ai professori. Esiste anche una terza via, che non è l'armata brancaleone del Pdl o della Lega. Il nostro è da sempre un Paese moderato e se adesso i moderati tacciono non è perché sono scomparsi o hanno cambiato bandiera, ma solo perché sono nauseati e non hanno intenzione di aprir bocca fino a che non ci sarà qualche persona intelligente pronta ad ascoltarli. Mi fa piacere che Maroni, anziché dai riti celtici, dalle ampolle e dai barbari sognanti, sia partito dagli imprenditori. Così come mi induce a pensar bene il fatto che l'ex ministro Mariastella Gelmini abbia riunito un certo numero di industriali del Nord per ascoltarne le proposte. Se questa nazione si salva non lo fa con gli ex comunisti o gli ex professori, ma solo con gli imprenditori, possibilmente non ex, ovvero con gli unici che sanno produrre ricchezza. Gli altri sono ricchi di teoria, chi guida un'azienda e la fa crescere lo è di pratica. Dunque smettiamola di aspettare un miracolo tecnico o politico, qui se vogliamo uscire dal tunnel c'è da sperare che si mettano al lavoro quelli che il lavoro lo sanno fare e creare. Sono ancora in tempo. Su, coraggio, che le elezioni sono alle porte.      

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