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Per il centrodestra ora i giochi sono riaperti

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Con il passo indietro di Silvio Berlusconi i moderati non hanno più alibi e la sinistra non ha più la vittoria in tasca

Andrea Tempestini
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  di Maurizio Belpietro Quando quindici giorni fa, intervistato da me su Libero, Silvio Berlusconi dichiarò di essere pronto a fare un passo indietro pur di consentire l'alleanza di tutti i moderati, avversari politici e commentatori ironizzarono, ritenendo che l'annuncio fosse l'ultimo gioco di prestigio del  grande biscazziere. Per i suoi nemici, il Cavaliere era solo alla ricerca di un modo per ritornare protagonista, non certo della strada per uscire di scena. Qualcuno scrisse di un grande bluff, i più dimostrarono scetticismo.  Ora però giunge la conferma, nero su bianco, di ciò che il leader del centrodestra aveva espresso nell'intervista. Non si tratta di frasi sfuggite durante un botta e risposta. La nota di ieri in cui Berlusconi annuncia il ritiro della sua candidatura a premier per il  Pdl appare piuttosto il testamento politico del capo carismatico dei moderati, la parola fine di una storia iniziata a sorpresa diciotto anni fa con la discesa in campo contro la gioiosa macchina da guerra di Achille Occhetto. L'ex premier cede il passo ai giovani e ritaglia per sé il ruolo del consigliere cui spetta «di offrire memoria, raccontare e giudicare senza intrusività». Così, in un solo giorno, per la politica italiana cambia tutto e giochi che apparivano chiusi, con un Bersani che già si sentiva padrone di Palazzo Chigi, si riaprono. Il Cavaliere, rinunciando a sfidare il centrosinistra, apre alle primarie del centrodestra e offre la possibilità di scegliere in tempi rapidi, cioè a dicembre, una nuova leadership. Per l'area moderata, che fino a ieri i sondaggi descrivevano in grande affanno e addirittura dietro al movimento di Beppe Grillo, è l'occasione per riconquistare il consenso dei tanti che l'hanno abbandonata.  Se infatti ancora oggi resiste uno zoccolo duro di fedelissimi di Berlusconi, che come dice Renato Mannheimer sono pronti a votarlo e sostenerlo a qualunque costo, è innegabile che vi sia un numero rilevante di italiani che, pur detestando la sinistra, non è intenzionato a mettere ancora una volta la crocetta sul nome dell'ex premier.  Piuttosto questi elettori si dicono pronti a restare a casa il giorno delle elezioni, consegnandosi a un ruolo di irrilevanza nella scelta del leader cui affidare il Paese.  Fino a ieri, proprio grazie a questo fattore, cioè al cinquanta per cento di aventi diritto che non intendevano votare, Bersani e Vendola venivano accreditati della vittoria e il Movimento cinque stelle di un secondo posto. Ma adesso? Ora che Berlusconi si fa da parte che cosa succederà? L'alibi usato per non accordarsi con il  Pdl da Pier Ferdinando Casini, da Luca Montezemolo e dai  molti altri movimenti che si dicono alternativi alla sinistra, non c'è più. L'ostacolo che impediva al leader centrista e all'ex presidente di Confindustria di unirsi al centrodestra è stato rimosso e oggi, se si vuole, si può fare il grande rassemblement dei moderati. In un giorno solo è dunque saltato il tappo. Le discussioni sull'uscita dal Popolo della libertà dell'ala destra rappresentata dagli ex An, la rottamazione dei dirigenti da troppo tempo alla guida del partito, la fondazione di un nuovo movimento da parte delle amazzoni del Cavaliere e, perché no,  anche la rifondazione dello stesso Pdl - argomenti che hanno occupato le pagine dei giornali per mesi, soppiantando quelli  riguardanti le  tasse e le misure per rilanciare l'economia - improvvisamente appaiono chiacchiere, prediche inutili. Qui non c'è bisogno di nuovi contenitori e di sigle originali per convincere l'elettore: qui  occorre trovare in fretta una nuova leadership. Un volto e un programma da contrapporre alla gioiosa macchina da guerra di Bersani e Vendola.  Con Berlusconi fuori dai giochi, senza delfini o pasionarie, tutto è riconsegnato nelle mani degli elettori, i quali, per la prima volta da quando è nato il centrodestra così come lo conosciamo, avranno la possibilità di scegliere a chi affidare i propri destini. Così, decidendo di  uscire dalla scena, Berlusconi la occupa. Con un passo indietro, per la sesta volta sfida la sinistra e per la quarta potrebbe batterla. Andandosene, limitando il proprio ruolo a quello di consigliere, il Cavaliere può infatti far vincere le idee di chi punta alla modernizzazione del Paese e non affida alle lobby e alle toghe la conduzione dell'Italia.  Berlusconi, nella lettera in cui annuncia il ritiro della sua candidatura, traccia anche un bilancio della sua azione politica, riconoscendo i limiti della sua opera, ma rivendicando con fierezza i suoi meriti. Tutto ciò, dice, non poteva non avere un prezzo, ovvero «la deriva  verso ideologismi e sentimenti di avversione personale, verso denigrazioni e delegittimazioni faziose che non hanno fatto il bene dell'Italia».  Con il Cavaliere è inevitabile che se ne vadano anche i denigratori e gli odiatori di professione. Orfani di Berlusconi, non sapranno più a chi dare la colpa e finalmente gli italiani potranno scoprire che proprio su lor signori grava gran parte della responsabilità. Anche questo è un merito dell'uomo che lascia. [email protected] @BelpietroTweet  

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