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Grillo è già finito allo spiedo

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Epifani e i suoi negano, ma il ddl Finocchiaro è uno sgambetto ai pentastellati in difficoltà in vista delle elezioni. La figuraccia sulla diaria, gli strappi sulla trasparenza e le prime sconfitte: per il comico passare l'estate sarà dura

Nicoletta Orlandi Posti
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di Maurizio Belpietro @BelpietroTweet Altro che Grillo parlante: lo scherzetto che il Pd gli sta preparando rischia di trasformare il popolare Beppe in un Grillo silente. A zittirlo saranno le norme proposte ieri da Anna Finocchiaro e Luigi Zanda, che - se approvate - imporranno che un partito per dichiararsi tale, e candidarsi alle elezioni, debba  avere una struttura, degli organi dirigenti e delle regole democratiche interne. Tutte cose che il Movimento 5 stelle non ha e faticherebbe ad avere, data la sua  natura di sintesi di vari gruppi che si organizzano in rete e non in sezioni. Insomma, con una semplice leggina che si richiama ad un articolo della Costituzione mai attuato in 65 anni di vita repubblicana, il Partito democratico taglierà le unghie a Grillo, eliminando un pericoloso concorrente, che più di Nichi Vendola e Paolo Ferrero (il primo leader di Sel, il secondo di Rifondazione comunista, o meglio di quel che ne resta) impensierisce il gruppo dirigente progressista. La vera spina nel fianco di Epifani e prima di Bersani, infatti, non è la sinistra radicale: sono i pentastellati. È il canto della sirena grillina che sta mandando fuori rotta la base del partito e allora, per  far recuperare la bussola agli elettori alla deriva, ecco l'emendamento che spiaccica Grillo contro un muro. Naturalmente i pinocchi del Pd sostengono che il richiamo  all'articolo 49 non è contro il Movimento 5 stelle, ma si tratta di rispettare le regole  volute dai padri costituenti. Un richiamo che però, guarda caso, arriva con quasi tre quarti di secolo di ritardo, perché fino a ieri nessuno - ma proprio nessuno - ha sentito il bisogno di rifarsi alla norma sulla forma giuridica dei partiti, prova ne sia che i bilanci di quest'ultimi non sono mai stati sottoposti al Codice civile e ciò ha consentito che si verificassero le ruberie di Lusi e Fiorito (a proposito: perché per il secondo siamo già al processo e per il primo campa cavallo?).  Ma la trappola con cui il Pd vuole ingabbiare Grillo per poi cuocerlo a puntino non è il solo pericolo da cui deve guardarsi l'ex comico trasformato in politico. Il quale -  oltre a dover tenere a bada un rissoso gruppo parlamentare, che a soli tre mesi dalla nascita rischia la scissione perché i neoeletti  non hanno alcuna voglia di tagliarsi la diaria -  domenica ha dovuto registrare un velenoso attacco dalla Giovanna d'Arco di Rai3, che non è la Litizzetto ma quella suorina di Milena Gabanelli. Report ha infatti mandato in onda un servizio in cui  si interrogava sui proventi del blog di Grillo, un sito web che non è del partito ma del capo del partito, il quale si sospetta sia il beneficiario degli acquisti online. Malizie ingiustificate? Può darsi, ma per giustificarsi basterebbe poco e cioè aprire alla trasparenza mostrando i conti e i flussi di denaro.  Al contrario, invece di fare la cosa più semplice, i grillini se la sono presa con Mijena Gabanelli, dandole della traditrice. «Ma come?», è il succo del discorso dei militanti, «noi ti scegliamo come candidata alla presidenza della Repubblica e tu ci ripaghi con questa moneta?». Ragionamento che in assoluto non fa una piega ma cozza rumorosamente con il dovere di rendicontare tutto, di cui Grillo e il suo guru Casaleggio si sono fatti paladini. Se gli onorevoli sono costretti a mettere online gli scontrini, perché non si può  conoscere quanto incassa di royalties il boss dei boss?  Invece, a quanto pare, le royalties di Grillo sono custodite meglio del terzo segreto di Fatima e il solo parlarne irrita i militanti, che infatti via web si sono esercitati al tiro al bersaglio contro la giornalista di Rai3, degradata in un amen da pulzella a paladina della Casta. Del resto, il nervosismo dei pentastellati è più che comprensibile. Dopo la marcia trionfale che li ha condotti in forze in Parlamento, ora i grillini scontano il riflusso di chi aveva creduto in un rapido cambiamento della politica italiana. Incurante delle aspettative, il comico ha preferito  congelare i propri voti, evitando di sporcarsi le mani con Bersani e compagni. E gli elettori congelano l'entusiasmo per i Cinque stelle. Risultato: i sondaggi segnalano un lento ma inesorabile arretramento di Grillo e della sua squadra. Se si votasse oggi l'M5S non riprenderebbe il 25 per cento e perderebbe il titolo di secondo partito italiano così facilmente conquistato. Nelle scorse settimane si è accesa la spia d'allarme delle votazioni in Friuli, dove rispetto alle Politiche il Movimento ha perso diversi punti. E adesso tutti gli occhi sono concentrati su Roma e su un candidato che sembra non andare fortissimo. Insomma, le piazze si svuotano, non sempre a causa della pioggia, e qualcuno inizia a pensare che se le cose vanno in questo modo, Grillo ballerà una sola estate. Altro che Grillo calante. Tra poco ci toccherà raccontare il Grillo perdente.     

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