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Sul fisco Alfano non si farà fregare dal Pd

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Angelino e i suoi hanno dimostrato, nella lotta interna contro i falchi, di non essere gente che china il capo. Ora tocca a loro battersi per realizzare l'eredità liberale di Silvio. La sinistra non s'illuda

Andrea Tempestini
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I commentatori di cose governative scrivono che il nuovo Letta (che poi è quello vecchio, cioè di prima della sfiducia) sarà più di sinistra del precedente.  Secondo questa tesi, la sconfitta di Berlusconi porterebbe con se una riduzione del programma liberale patrocinato dal centrodestra  a favore di idee che sono da sempre patrimonio del centrosinistra. In pratica, dopo il voto di mercoledì le larghe intese si sarebbero ristrette, ciò comporterebbe un accantonamento di promesse tipo la cancellazione dell'Imu sulla prima casa o l'abolizione dell'aumento di un punto dell'Iva, a vantaggio di interventi sul cuneo fiscale o sul salario minimo garantito. Sul Corriere della Sera, Francesco Verderami addirittura ipotizza che nel Partito democratico ci sia un piano per potare il centrodestra dei suoi rami principali, trasformandolo in un cespuglio da esibire come pianta ornamentale accanto al Pd. Si vorrebbe cioè un Popolo della libertà ridotto a fare da ruota di scorta dei compagni, usato e poi rottamato appena non servirà più. Naturalmente comprendiamo i motivi alla base di questi ragionamenti. I commentatori dei grandi giornali ritengono che senza il Cavaliere a fare da condottiere nel centrodestra verranno meno anche le sue battaglie. Se prima lui si impuntava sull'Imu e sull'Iva, con i suoi successori sarà facile mettersi d'accordo per accantonare le richieste. Comprendiamo che nell'entusiasmo di immaginare un Pdl deberlusconizzato, alcuni sognino anche di arrivare a un centrodestra sterilizzato, ma la realtà non è così. Certo, il Cavaliere resta unico e irripetibile: in questi vent'anni ha dato un'impronta forte all'area liberale, scegliendo per ogni campagna elettorale i temi più popolari fra i suoi potenziali elettori e per questo motivo è stato spesso accusato di populismo. Ripetere ciò che lui ha fatto sarà impossibile o quasi. Ciò nonostante non è che chi ha aderito a Forza Italia prima e al Popolo della Libertà poi non condividesse gli argomenti tenuti a battesimo dal proprio leader. Anzi. L'idea di uno Stato meno invasivo, di un Fisco meno oppressivo, di una burocrazia  che non limiti le libertà dei cittadini erano e sono alla base dell'adesione stessa al progetto berlusconiano. Dunque, perché Angelino Alfano, Gaetano Quagliariello, Maurizio Lupi, Fabrizio Cicchitto, cioè il nocciolo duro del nuovo corso pidiellino, dovrebbero cambiare linea? Forse qualcuno crede per miopia. Ma fossero stati ipovedenti non avrebbero scelto di differenziarsi da Berlusconi, rifiutando di  votare una sfiducia che avrebbe portato il centrodestra alla sconfitta. Se lo hanno fatto, se cioè non si sono accodati alla linea dei falchi, rischiando ma evitando che il centrodestra finisse all'angolo, evidentemente tanto fessi non sono. Altri però potrebbero pensare che ministri e colonnelli vogliano ridimensionare il programma liberale per calcolo o ambizione: adattando le richieste e contenendole non rischierebbero la poltrona ministeriale. Ma se fosse gente che ama la vita comoda ed evita gli azzardi, certo non si sarebbero ammutinati, preferendo chinare il capo e accodarsi alle direttive. No.  Noi non pensiamo affatto che la rifondazione del centrodestra, cioè di un moderno partito dei moderati, con Berlusconi  a fare da padre nobile e i giovani a guidarlo, passi dalla rinuncia a pretendere l'applicazione di un vero programma liberale. Al contrario, il rilancio passa proprio da lì, da un progetto riformista che preveda meno Stato, meno tasse,  più controlli sulla giustizia e maggiore rigore nei tagli della spesa pubblica. Ovviamente siamo a conoscenza che la gran parte dei commentatori sogna la nascita dell'ennesimo partito democristiano, di un centrino ambizioso che ha come obiettivo di essere il punto di riferimento della diaspora scudocrociata, ma non riteniamo che sia questa la soluzione. Non è rifondando la Dc che si risolvono i guai dell'Italia. Non è rimettendo insieme dorotei e morotei che si porta il Paese nel futuro, piuttosto così lo si riporta nel passato.  Qui si tratta di prendere il meglio della spinta innovativa di Berlusconi - cioè la voglia di cambiamento, il sogno di libertà e successo - e di tradurlo in pratica. Il Cavaliere ha vinto in tutti questi anni conquistando il consenso di milioni di italiani perché ha dato una speranza di svolta, non una promessa di conservazione. Ora Alfano e i suoi sono chiamati a proseguire sulla stessa linea. Non devono annacquare il programma per quieto vivere,  a favore di uno più di sinistra. Devono pretenderne l'applicazione senza alcuno sconto, perché - a differenza di quel che qualcuno crede - non siamo ai saldi del centrodestra. di Maurizio Belpietro @BelpietroTweet

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