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Usa, ha vinto la paura:Obama confermato presidenteda immigrati e disoccupati

Obama e Michelle, l'abbraccio su Twitter

Andrea Tempestini
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  Barack Obama è stato confermato presidente degli Stati Uniti d'America. La notizia arriva alle 5.16 ore italiane, quando il presidente democratico uscente scrive su Twitter agli elettori: "E' a causa vostra, grazie!". Poi il discorso nella sua Chicago, dove agli Stati Uniti spiega che "il meglio deve ancora venire" (guarda il video del discorso di Obama. Guarda le foto del discorso di Obama). Si è di fatto conclusa così una notte di incertezza solo iniziale, perché col passare delle ore il vantaggio di Obama sul repubblicano Mitt Romney è andato via via crescendo superando abbondantemente la quota minima di 270 grandi elettori. Dal testa a testa iniziale, un too close to callper dirlo all'americana, si è approdati al trionfo democratico, che però non è totale: ai democrat va il Senato, ma i repubblicani si aggiudicano la Camera. E, calcoli alla mano, il presidente uscente e rieletto ha lasciato sul campo 10 milioni di voti rispetto al risultato ottenuto nel 2008. Alta l'affluenza, intorno al 60%: Obama è riuscito ancora a pescare nel serbatoio di immigrati, disoccupati, giovani, studenti, afroamericani e ispanici. Grazie alla mobilitazione di queste fasce di popolazione, solitamente restie al voto, Barack è stato riconfermato (leggi l'approfondimento: l'analisi del voto per categorie sociali). In America, insomma, ha vinto la paura del cambiamento: Barack si è aggiudicato altri quattro anni di mandato, "four more years", per dirla con le prime parole del presidente dopo la rielezione. Lo sfidante Romney, dopo aver posticipato il discorso in cui riconosceva la vittoria di Barack, ha incassato con stile: "Prego per Barack. Ora l'America superi le divisioni". I dati - Nelle prime ore dello spoglio sembrava profilarsi la vittoria nel voto popolare (il numero di voti raccolti in assoluto, ndr) per i repubblicani, che avrebbero conquistato la maggioranza alla Camera complicando non poco il governo di Obama. Ma con il procedere dello scrutinio Obama ha riconquistato terreno negli Stati dell'Ovest e soprattutto si è imposto sia in Ohio sia in Virginia (stati in bilico), mentre manca ancora la conferma sulla Florida. Durante la notte Romney è stato a lungo in testa per quel che riguarda il voto popolare (i voti totali raccolti), ma quando mancava soltanto il termine del conteggio in Florida, Barack si trovava in vantaggio di circa 2 milioni di voti. Viste le premesse della vigilia, ottimo anche il risultato per quel che concerne i "grandi elettori": sempre in attesa dei dati definitivi della Florida, Obama si è aggiudicato 332 grandi elettori contro i 206 di Romney. Il "processo" al candidato mormone, sta per iniziare (guarda il video del discorso di Romney. Guarda le foto del discorso di Romney). Usa 2012, Obama contro Romney: vai allo speciale di Liberoquotidiano Lo spoglio: guarda la mappa, Stato per Stato Con Obama trionfa la paura: il videoeditoriale di Pietro Senaldi  Ohio e Florida - Nonostante tutto Mitt ha aspettato un'ora prima di concedere il discorso di ammissione della sconfitta al rieletto presidente. Girava tutto intorno allo stato dell'Ohio (che ha "assegnato" il titolo di presidente nelle ultime 12 competizioni elettorali), e a quello della Florida. E l'Ohio non si è smentito: prima i medi hanno assegnato i 18 grandi elettori a Obama, poi l'ufficializzazione del risultato. Per un "francobollo" la spunta Barack (50,1% contro il 48,2%).  Anche a causa dei dubbi su questo "stato ballerino" Romney rifiutava di riconoscere la vittoria dello sfidante e chiedeva tempo. Ma da ambienti repubblicani si sono poi diffuse le voci di un ritardo dovuto più all'orgoglio dello sconfitto deluso che alle effettive speranze di ribaltone. Anche in Florida testa a testa serratissimo: Obama si è preso lo Stato per uno 0,5% (49,8% contro il 49.3% di Romney). I risultati Stato per Stato - I risultati parlano abbastanza chiaro. Ai democratici, con lo scrutinio che si avvia ormai alla conclusione, vanno 25 stati più il distretto federale di Washington D.C.; lo sfidante Romney si aggiudica 24 stati. Obama ha superato nettamenete il tetto di 270 Grandi elettori necessari per arrivare alla presidenza e ne ha già al suo attivo 303 rispetto ai 206 di Romney.  Solo due Stati hanno cambiato di colore rispetto al 2008: il North Carolina (15, passato da Obama a Romney) e l'Indiana (11, anche quello sfuggito a Obama). Rimane ancora da assegnare la Florida, che attribuisce 29 grandi elettori e che nel 2008 fu vinta dal democratico. Nel Sunshine State, alle 3 di mattina ora locale, Obama guidava il conteggio di appena 42.800 voti (comunque più di quello 0,5% di margine che imporrebbe il riconteggio delle schede), ma il conteggio è stato sospeso a causa dei ritardi nella contea di Miami Dade. Oltre alla capitale, il presidente ha ottenuto un'impressionante serie di vittorie negli Stati in bilico: in quello cruciale dell'Ohio (18) e in quelli fortemente a rischio di Virginia (13; dove quattro anni fa era stato il primo democratico a vincere dal 1964 e che stavolta sembrava in forse), Nevada (6), Iowa (6), New Hampshire (4), Colorado (9) e Wisconsin (10; lo Stato del vice di Romney, Paul Ryan). Quasi un 'en-plein' degli Stati a rischio (tranne il North Carolina). Sorrisi per Barack - In più Obama ha conquistato la Pennsylvania (10; dove Romney era stato più volte negli ultimi giorni) e il Michigan (16), tradizionalmente democratico, ma dove Romney è nato e cresciuto e dove il Gop aveva investito un notevolissimo sforzo finanziario: un risultato su cui sicuramente ha pesato il salvataggio dell'industria dell'auto di Detroit, la città più popolosa dello Stato. Obama ha vinto poi negli Stati tradizionalmente Democratici: California (55), Washington (12), Illinois (20), Oregon (7), New Mexico (5), Minnesota (10), New York (29), Maine (4), Hawaii (4) e negli Stati della East Coast, Massachussetts (11; dove è stato governatore Romney), New Jersey (14), Connecticut (7), Maryland (10), Rhode Island (4), Delaware (3), West Virginia (5) e District of Columbia (3).    Le vittorie di Mitt - In sostanza, Romney si è imposto in tutto il sud-est, compreso il Texas (feudo repubblicano con 38 grandi elettori e buona parte dei grandi Stati (ma poco popolati) delle pianure centrali del Paese. Nel suo bottino, Kansas (6), Louisiana (8), Nebraska (5), North Dakota (3), South Dakota (3), Missouri (10), Louisiana (8), Tennesse (11), Kentucky (8), Wyoming (3), Mississippi (6), Georgia (16), Arkansas (6), Alabama (9), Tennessee (11), South Carolina (9), Oklahoma (7) e Arizona (11); in più ha conquistato il Montana (3), l'Idaho (4), Utah (6), Arizona (11) e l'Alaska (3). Durante buona parte del conteggio, il milionario mormone ha superato il democratico nei voti popolari, ma quando si è avuta la certezza matematica della vittoria di Obama, le cifre si erano ormai avvicinate; e ora, in assenza del risultato della Florida, il distacco a favore di Obama è di oltre due milioni di voti. Problemi tecnici - Il voto, come previsto, è stato costellato da errori tecnici ed umani anche a causa della grande affluenza alle urne (oltre il 60%) che ha visto per esempio in alcune contee della Florida tenere aperti i seggi per 90 minuti oltre il previsto, per poter smaltire le file in attesa. In Ohio alcuni elettori hanno denunciato la presenza di macchine rotte ai seggi. Il rischio di irregolarità è alto e in caso di reclami si dovrebbe attendere fino al 17 novembre per il verdetto definitivo. Un dèjà-vu di quanto accaduto in Florida nel 2000, nello scontro tra George W. Bush e Al Gore finito a carte bollate. Stessi problemi dell'Ohio, guarda caso, proprio in Florida, ilSunshine state delle polemiche, mentre in un seggio della contea di Perry, in Pennsylvania, una macchina avrebbe assegnato il voto a Romney invertendo la reale preferenza per Obama. Considerando le migliaia di avvocati democratici e repubblicani sguinzagliati nei seggi di tutto il Paese per sorvegliare le operazioni di voto, saranno ancora ore caldissime. Un giorno, per avere il nuovo presidente degli Stati Uniti d'America, potrebbe non bastare.  

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