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Nicolas Sarkozy va in tv e si difende: "Mi hanno voluto umiliare"

Nicoletta Orlandi Posti
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Se i segni sono importanti, non deve essere stato un buon segnale per Sarkò l'essere rimasto intrappolato per venti minuti all'interno dell'ascensore della polizia giudiziaria, mentre era già in stato di fermo. Prigioniero due volte, insomma, visto che negli uffici della polizia di Nanterre l'ex capo di Stato francese è rimasto per ben 18 ore (dalle 8 di due giorni fa fino alle 2 di ieri), prima di essere rilasciato nottetempo. Appena tornato in libertà, per il momento senza alcun provvedimento restrittivo, Sarkozy ha deciso di presentare pubblicamente la sua memoria difensiva, autoscagionandosi dalle accuse che ora lo vedono indagato per tre reati gravissimi: corruzione, violazione del segreto istruttorio e traffico di influenze illecite (una sorta di abuso d'ufficio). L'ex titolare dell'Eliseo è dunque andato in tv, negli studi dell'emittente TF1 (intervista trasmessa in contemporanea dalla radio Europe 1), e ha detto la sua su quello che i fedelissimi del suo partito (l'Ump) hanno già definito un «accanimento giudiziario» nei suoi confronti. «Profondamente scioccato per quello che è accaduto ieri sera», e convinto di «una strumentalizzazione politica della giustizia usata come vendetta», Sarkò ha affermato in primo luogo che «tutto è stato fatto per dare di me un'immagine che non corrisponde a verità» e che «non ho mai commesso un atto contrario ai principi della Repubblica e dello Stato di diritto né ho mai tradito la fiducia dei francesi»: in sostanza il già presidente della Repubblica ha negato che i suoi colloqui telefonici, intercettati, con l'avvocato Thierry Herzog fossero finalizzati a conoscere l'andamento dei processi che lo minacciavano. E che le informazioni di cui i due discutevano fossero procurate direttamente dal magistrato della Corte di Cassazione Gilbert Azibert, che in cambio del favore avrebbe avuto un trasferimento nel Principato di Monaco. Quanto al trattamento subìto durante il giorno di fermo, l'ex capo dell'Eliseo ha parlato di «una volontà di umiliarmi, trattenendomi fino alle 2 del mattino», affermazioni sulle quali era già convenuto il suo avvocato Herzog, sostenendo che «non c'era necessità di quella misura, visto che mancava la possibilità che un ex capo di Stato, un avvocato e un magistrato fuggissero» (i tre intanto risultano tutti indagati). Il leader dell'Ump ha anche mostrato quale sarà la sua strategia difensiva a livello giudiziario. Essa si basa fondamentalmente su due aspetti: l'illegalità delle intercettazioni, e il ruolo non super partes di una delle due donne titolari dell'inchiesta, il giudice Claire Thepaut, considerato politicizzato in quanto già capo del Sindacato dei magistrati, corrente antisarkozista della magistratura (lo stesso Sindacato ha tuttavia smentito di essere mai stato guidato dalla Thepaut). Sarkozy ha speso poi alcune parole sulle varie inchieste che lo riguardano: dai finanziamenti illeciti di Gheddafi («Se fosse stato trovato un bonifico di Gheddafi, voi lo avreste saputo prima di me») alla vicenda Bettencourt («È finita a mio vantaggio con un non luogo a procedere») fino alla questione più attuale, quella delle intercettazioni: «Azibert mi avevo chiesto se potessi aiutarlo a sbrigare alcune pratiche, ma io aveva detto a Herzog che non sarei intervenuto». Infine Sarkò ha trattato la questione della sua possibile candidatura come leader dell'Ump: «Deciderò cosa fare dopo un tempo di riflessione. Ma non mi scoraggio». Su Sarkozy al momento pendono sette procedimenti giudiziari. Si va dai finanziamenti libici alla campagna presidenziale del 2007 (indagine da cui è scaturita anche quella sulle intercettazioni) all'affaire Bettencourt (l'anziana ereditiera dei cui soldi l'ex presidente avrebbe provato ad appropiarsi per avere fondi utili alle elezioni del 2007) alla questione Tapie (un presunto intervento illecito di Sarkò a favore dell'imprenditore Bernard Tapie), fino all'indagine Karachi, su un giro di tangenti legato alla vendita di sottomarini dalla Francia al Pakistan, all'affaire Bygmalion, sulle fatture false emesse dall'agenzia di comunicazione dell'Ump durante la campagna presidenziale del 2012, e alla questione «sondaggi dell'Eliseo», commissionati dall'ex presidente francese, distraendo fondi pubblici a vantaggio di un suo collaboratore. Un bell'intrico giudiziario per Sarkò, che rischia di vedere compromessa la propria agibilità politica, nel momento in cui intendeva tornare alla guida sia del suo partito che della Francia. di Giovanni Torelli

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