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Egitto, El Baradei si rifugia in Austria Sei i cortei dei pro Morsi al Cairo

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Il Cairo, 18 ago. (Adnkronos/Ign) - Mohamed El Baradei ha lasciato l'Egitto con un volo diretto in Austria. L'ex vice presidente ad interim ha vissuto a lungo a Vienna quando era a capo dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica che ha sede nella città. Mercoledì El Baradei aveva presentato le sue dimissioni, contestando la decisione del governo di lanciare la sanguinosa repressione e affermando di "non voler essere responsabile dello spargimento di neanche una goccia di sangue". Nuovo appuntamento intanto in piazza per i sostenitori del deposto presidente Morsi. Il giorno dopo lo sgombero da parte dell'esercito della moschea al-Fatha, dove erano asserragliati decine di islamici, sei cortei si sono diretti verso la Corte Costituzionale del Cairo, nonostante l'avviso da parte delle autorità di una nuova risposta dura. Secondo quanto riporta il sito di al Jazeera, sono partiti da diverse zone della città, mentre i militari continuano a presidiare le strade. Ennesimo invito alla moderazione da parte dell'Unione Europea che, con un comunicato congiunto del presidente del Consiglio Europeo, Herman Van Rompuy, e del presidente della Comissione Europea, Jose Manuel Barroso, ha annunciato che revisionerà le sue relazioni con l'Egitto nei prossimi giorni. "La Ue, insieme ai suoi stati membri, revisionerà in modo urgente nei prossimi giorni le sue relazioni con l'Egitto e adotterà misure tese a perseguire questi obiettivi", si legge nel comunicato. Ogni "ulteriore escalation di violenza deve essere evitata" in Egitto perché, precisa la nota, "potrebbe avere conseguenze imprevedibili per l'Egitto e i suoi paesi vicini". Da parte sua l'Egitto ha rimandato al mittente le minacce, avanzate da alcuni donatori internazionali di taglio agli aiuti, dopo la violenta repressione dei Fratelli Musulmani. "Noi rifiutiamo tutte le minacce di taglio di aiuti - ha detto il ministro degli Esteri Nabil Fahmy - abbiamo chiesto ai diversi dipartimenti del ministero di condurre una revisione seria, logica e obiettiva per vedere quali aiuti siano utili e quali sono usati per farci pressioni". Nella conferenza stampa, il ministro ha anche condannato i media stranieri, accusandoli di non aver rappresentato la realtà di quanto avvenuto e di essere stati invece solidali con i Fratelli Musulmani. "Loro terrorizzano i civili e volevano distruggere la moschea", ha detto Fahmy che ha anche mostrato dei video. Contemporaneamente il generale Abdel Fattah al-Sisi, capo delle forze armate egiziane, ha detto che "l'Egitto ha posto per tutti", esortando i sostenitori del deposto presidente Mohamed Morsi a "rivedere le proprie posizioni". Il generale ha poi rivolto un duro monito contro il ricorso alla violenza: "Chi pensa che la violenza possa piegare lo stato e gli egiziani, fa meglio a ripensarci". Ad alzare la tensione anche la minaccia di sciogliere il partito dei Fratelli musulmani, proposta dal premier egiziano Hazem el-Beblawi secondo il quale non c'è spazio per la riconciliazione con “chi ha le mani sporche di sangue”. Su una eventuale messa al bando della Fratellanza Musulmana da parte del governo egiziano il ministro Emma Bonino ha detto al Gr1 che "sarebbe una decisione infelice, sciagurata, portatrice di nuovi problemi". "La storia ci insegna - ha continuato il ministro degli Esteri - che quando i movimenti anche sociali sono costretti alla clandestinità, in realtà prevale sempre l'anima più estremista e violenta. Credo che sarebbe veramente un errore per l'Egitto e per tutti quanti". "Mi fa piacere ovviamente che il presidente del Consiglio europeo e della Commissione europea condividano la necessità di una revisione complessiva dei nostri atteggiamenti e dei nostri rapporti" con l'Egitto. Il ministro ha poi ricordato che domani a Bruxelles vi sarà una prima "riunione tecnica" a livello di ambasciatori e poi nei prossimi giorni una riunione dei ministri degli Esteri. "Intanto continuano anche da parte della nostra ambasciata al Cairo non soltanto l'assistenza agli italiani, ma anche tutta una serie di incontri già oggi con vari interlocutori egiziani di tutti gli schieramenti primo obiettivo è la cessazione delle violenze ma questo è evidentemente un primo passo". Uscire dall'Egitto sconvolto dai disordini potrebbe diventare più difficile nei prossimi giorni per quei turisti, operatori economici e giornalisti, rimasti nel Paese nonostante gli scontri. Per chi resta si profila il pericolo di essere trascinati in quella escalation di violenza, paventata anche dai vertici dell'Unione europea. C'e' chi, in casi del genere, si affida a persone specializzate nella gestione dei rischi: i professionisti della security. "Siamo in stand by - dichiara ad Adnkronos Carlo Biffani, direttore generale della Security Consulting Group di Roma - rispetto alle esigenze di alcuni clienti, non italiani, che si trovano in località turistiche egiziane e che a seconda dell'evolversi dello scenario, potrebbero avere bisogno di essere accompagnati fuori da quel Paese in maniera assistita e sicura". Una volta deciso e concordato l'intervento, il primo problema da risolvere per chi va ad assistere le persone costrette a partire può essere quello di entrare in un Paese in cui le istituzioni non sono più in grado di garantire e di regolare entrare e uscite. "Questo - spiega l'esperto in security - almeno per il momento non è il caso dell'Egitto, ma può succedere. Si può anche essere rifiutati dagli aeroporti per impraticabilità delle strutture, può essere limitato l'utilizzo degli spazi aerei, possono essere chiuse le frontiere. Per fare fronte a queste eventualità occorre esperienza reale nel settore della security e della gestione dei rischi e un collegamento con realtà locali". Negli Stati Uniti intanto l'amministrazione Obama sta discutendo la possibilità di fermare l'inizio della consegna all'Egitto, prevista per il mese prossimo, di nuovi elicotteri Apache AH-64D. Lo scrive il Washington Post, citando una fonte dell'amministrazione, sottolineando che il rifiuto di consegnare gli Apache, che fanno parte di un ordine da 820 milioni di dollari, fatto nel 2009 per dodici velivoli, "sarebbe ad un passo dalla sospensione di tutti gli aiuti militari all'Egitto, compresa quella della fornitura dei pezzi di ricambio dell'equipaggiamento americano, che alcuni hanno richiesto". Se gli Stati Uniti non tagliano gli aiuti militari all'Egitto, pari ad 1,3 miliardi di dollari all'anno, dopo quattro giorni di "massacro orchestrato" perdono la loro credibilità. E' quanto ha detto, intervistato dalla Cnn, John McCain, ex sfidante di Barack Obama nelle elezioni del 2008, e senatore repubblicano che nelle scorse settimane si era recato in Egitto per cercare una mediazione con i militari per evitare il bagno di sangue. "Non abbiamo credibilità, abbiamo influenza ma se non usi questa influenza allora non hai influenza", ha detto McCain suggerendo che Washington non solo tagli gli aiuti, ma sospenda le forniture dei pezzi di ricambio per l'equipaggiamento militare. "Che rimaniamo seduti a guardare quello che sta succedendo è una violazione di tutti i nostri valori", ha concluso. Secondo quanto scrive il New York Times Abdel-Fatah al-Sisi, che ha stretti legami con Israele risalenti al tempo in cui era a capo dell'intelligence militare egiziana, sarebbe in stretto contatto con i colleghi isreliani che starebbero rassicurando il Cairo sul fatto che gli Stati Uniti non taglieranno loro gli aiuti. Nel lungo articolo si ricostruisce come aveva fatto sabato il Washington Post come nelle scorse settimane i militari egiziani abbiano fatto saltare un accordo per una soluzione pacifica della crisi che sembrava quasi chiuso ai mediatori internazionali. Occorre una riconciliazione tra tutte le forze in campo, a partire quindi dal governo e dai Fratelli musulmani, e l'Europa deve quindi lanciare un appello in questo senso. Lo afferma all'Adnkronos l'ex ministro degli Esteri Franco Frattini, a proposito della situazione in Egitto, definendo quindi "una proposta importante, che io condivido", quella avanzata da Giuliano Amato che, mutuando un'espressione della politica italiana, ha parlato della necessità di un governo di larghe intese. "Il futuro è nelle mani degli egiziani - puntualizza Frattini- quindi vedo male un Occidente che formula ricette e avanza proposte nei confronti di un'opinione pubblica attenta, scesa nelle piazze, che non è quindi disposta ad accettare lezioni e a sentirsi dire dall'Occidente cosa debba o non debba fare". Mahmoud Al Ebiary, analista politico e responsabile di 'Risalat al Ikhwan' ha detto che "al mondo chiediamo tre cose. In primo luogo che le cose vengano chiamate con il loro nome e che quindi i Paesi amici dell'Egitto riconoscano che il 3 luglio scorso è avvenuto un colpo di Stato". Poi che "i crimini delle ultime settimane vengano denunciati come crimini contro l'umanita'" e, infine, che "prosegua il percorso di autodeterminazione dell'Egitto". Le violenze si sono fatte sentire anche sulla borsa del Cairo, riaperta oggi dopo la sospensione delle contrattazioni decisa mercoledì scorso a causa dei violenti scontri avvenuti in tutto l'Egitto. L'indice Egx30 ha segnato una flessione del 3,87% a 5.334 punti. La seduta odierna è stata di tre ore anziché delle consuete quattro. Sul Washington Post Ebrahim Rasool, ex ambasciatore sudafricano negli Stati Uniti, fondatore dell'associazione 'World for al Foundation', propone di creare un gruppo di "eminenti personalità internazionali", dotati di "autorità morale" e "leader di Paesi che hanno la fiducia dei Fratelli Musulmani, dei militari e dei laici" che possono "aiutare l'Egitto a fare un passo indietro dall'orlo del baratro sull'anarchia e la crescente perdita di vite umane". Il gruppo dovrebbe comprendere il premio Nobel per la Pace, Desmond Tutu, l'ex premier malese Mahathir Mohama, il tunisino Rachid Ghannouchi, l'ex consigliere per la Sicurezza nazionale Usa Jim Jones, l'ex presidente irlandese Mary Robinson e il veterano della diplomazia algerina, gia' inviato Onu, Lakhdar Brahimi. "Con il sostegno da una parte dell'Unione Africana, del Sud Africa, della Turchia e del Qatar da una parte, e degli Stati Uniti, dell'Unione Europea, del Consiglio di Cooperazione del Golfo dall'altra il gruppo dovrebbe immediatamente avviare un dialogo credibile con i leader egiziani per permettere una svolta, un compito che nessuno all'interno dell'Egitto può svolgere ora", continua l'appello. Il primo obiettivo del gruppo è quello di "chiedere a tutte le parti di finire lo stallo politico ricostruendo un governo ad interim civile ed inclusivo, che comprende anche elementi del Fratelli musulmani, insieme a dei tecnici". Con un messaggio su Twitter, il principe saudita Alwaleed bin Talal ha detto di aver licenziato Tarek Al-Suwaidan, direttore del canale Al-Resalah, per "aver ammesso di appartenere al movimento terrorista della Fratellanza".

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