Papa Francesco, l'accusa di Socci sul caos in Venezuela: perché sta con il regime comunista
È sempre più chiaro che, per i popoli di oriente e di occidente, papa Bergoglio è ormai un grosso problema. Il "caso Venezuela" lo ha reso evidente, come pure l'"alleanza" vaticana col regime comunista cinese e, ancora prima, l' esplosione dell' emergenza emigrazione che ha destabilizzato l' Italia e l' Europa. Leggi anche: Papa Francesco, il sondaggio che fa godere Salvini: chi sono i "buoni"? Tutti e tre questi "temi" vedono confliggere frontalmente Bergoglio con i popoli interessati e con la politica della Casa Bianca. Non a caso Trump fu attaccato dal papa argentino già durante la campagna presidenziale. Il pontificato di Bergoglio è infatti un prodotto dell' epoca Obama/Clinton, di cui porta avanti l' agenda, senza più avere però quella sponda politica (e pure Macron ormai è un' anatra zoppa). La prima destabilizzazione bergogliana ovviamente si abbatté sulla Chiesa che aveva rappresentato, fino a Benedetto XVI, l' istituzione più autorevole, più rappresentativa e più antica del mondo. E che ora, con Bergoglio, è precipitata nella crisi più grave della sua storia. Bergoglio ha radicalmente stravolto i connotati del papato: non più un messaggio spirituale, ma mondano, niente più soprannaturale, ma sempre politica. All' annuncio di Cristo unico salvatore, si è sostituita un' imitazione dell' Onu politically correct, con un forte timbro di sinistra radicale. VECCHIA TEOLOGIA È la vecchia teologia della liberazione. Non a caso proprio in queste ore è stato "pensionato" il cardinale Cipriani, arcivescovo di Lima e capo della chiesa peruviana, sostituito da don Carlos Castillo, discepolo di Gustavo Gutiérrez, il fondatore della teologia della liberazione. Il pontefice argentino è amichevole o dialogante con i regimi illiberali (islamici o socialisteggianti o comunisti), mentre è duro con i paesi liberi occidentali (in particolare con il presidente Trump e con Matteo Salvini). In America latina infatti Bergoglio ha rapporti amichevoli con Cuba, con il Venezuela di Maduro e con il compagno presidente boliviano Evo Morales (quello che gli regalò la scultura del crocifisso con falce e martello). LA LETTERA DI ACCUSE Nei giorni scorsi c' è stata una clamorosa iniziativa di venti ex capi di Stato dell' America Latina che hanno contestato a Bergoglio, con una lettera pubblica, il suo solenne messaggio di Natale in cui invitava alla concordia il popolo del Venezuela e anche quello del Nicaragua. Gli ex capi di Stato hanno obiettato: «In questo modo non si mette affatto l' accento sul fatto che il primo Paese è vittima dell' oppressione di una narco-dittatura militarizzata, che non ha remore a violare sistematicamente i diritti alla vita, alla libertà e all' integrità personale e lo sottopone a condizioni di carestia diffusa e mancanza di medicine. Il secondo Paese, a metà del 2018, è stato vittima di un' ondata di repressione che ha seminato quasi 300 morti e circa 2.500 feriti». Le parole di Bergoglio, in quei termini, aggiungono i firmatari, «possono essere interpretate anche in modo negativo per la maggioranza dei venezuelani e nicaraguensi», perché rischiano di essere sentite come «una richiesta ai popoli oppressi, che sono vittime ad accordarsi con i rispettivi aguzzini», specialmente nel caso del Venezuela, dove «c' è un governo che ha causato 3 milioni di rifugiati». Ma per i profughi provocati da Maduro, Bergoglio non ha affatto l' interesse ossessivo che invece manifesta sempre per i migranti che vogliono venire in Italia. Anzi, ha fatto clamore il fatto che il Vaticano abbia voluto mandare un proprio rappresentante alla recente cerimonia di insediamento di Maduro che è stata disertata dalla maggior parte dei Paesi europei e sudamericani. LA PROTESTA DEI VESCOVI Intanto il popolo venezuelano, in miseria, protesta, i vescovi denunciano i soprusi del regime di Maduro e, proprio in questi giorni, in Venezuela è esplosa la crisi istituzionale, perché il presidente dell' assemblea nazionale Guaidò (con l' appoggio del mondo libero) si è fatto avanti per liberare il Paese dal successore di Chavez. Così adesso Bergoglio si trova in palese imbarazzo e, pur trovandosi a due passi (a Panama), non ha finora pronunciato parola. Va detto che anche la clamorosa intervista papale sulla Cina, che aprì la strada all' accordo col regime comunista, stupì, scriveva Sandro Magister, «per le parole con cui il papa assolveva in blocco il passato e il presente della Cina, esortandola ad "accettare il proprio cammino per quel che è stato", come "acqua che scorre" e tutto purifica, anche quei milioni di vittime che il papa s' è guardato dal nominare, neppure velatamente». LA RESA A PECHINO Così fu siglato l' accordo con cui il Vaticano ha sostanzialmente consegnato la Chiesa cinese al regime. La stessa indifferenza verso i cristiani perseguitati manifestata dal Segretario di Stato di Bergoglio, card. Parolin, quando, di recente, ha dichiarato che non c' è nessuna attività diplomatica del Vaticano a favore di Asia Bibi e della sua famiglia e che la tragedia di quella povera donna cristiana «è una questione interna al Pakistan». All' Italia invece Bergoglio ritiene di dover prescrivere perfino la politica migratoria, che sarebbe prerogativa dello Stato laico. Bergoglio ha giocato un ruolo importante durante la formidabile ondata migratoria degli ultimi sei anni. Non solo per i continui, quotidiani interventi ad abbattere le frontiere. Si è saputo di recente che fece pure un intervento diretto sull' allora premier Enrico Letta, dopo la tragedia di Lampedusa. Telefonata dell' ottobre 2013 dopo la quale fu varata l' operazione "Mare Nostrum", che di fatto spalancò le porte agli arrivi. Dunque un pontificato pernicioso non solo per la Chiesa, ma per i popoli. di Antonio Socci