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Emmanuel Macron, ricatto finanziario all'Italia: titolo di Stato, ecco perché ci può rovinare

Matteo Legnani
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Occhio, perché a furia di tirare la corda oggi e tirarla domani, la corda poi si spezza. Va bene fare gli sbruffoni parlando di Franco Cfa, di Francia colonialista e via andando. Poi, però, il conto può essere ben più salato di un richiamo a Parigi dell'ambasciatore francese a Roma. Già venerdì 8 febbraio, dopo due giorni in cui lo scontro tra Francia e Italia ha assunto i toni della rissa, lo spread è balzato vicino a quota 300: 295 per la precisione, contro i 250 circa dov'era rimasto da un po'. Si tratta del differenziale più altro da inizio anno. E le cose potrebbero andare assai peggio. Il perché lo spiega Augusto Minzolini in un passaggio del suo articolo di oggi 9 febbraio su Il Giornale: "Magari Salvini e Di Maio non lo sanno, ma il maggior detentore all'estero di titoli pubblici italiani è la Francia". Cioè, da quel punto di vista Macron ci tiene un bel po' per le palle. E può stringere. È assai improbabile che si ripeta quanto accadde nell'autunno 2011, quando lo scontro tra Italia e Germania sulla politica dell'austerity sfociò nella vendita da parte di Deutsche Bank di una marea di titoli di Stato italiani, tale da provocare la caduta del governo Berlusconi. Ma litigare col Paese che è il maggior finanziatore all'estero del nostro debito pubblico per motivi di consenso elettorale interno pare davvero una strategia di respiro cortissimo. Leggi anche: Macron, il video di Conte e Merkel che gli ha fatto saltare i nervi

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