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La fine della nipote di Hitler diventa un bestseller internazionale: il racconto della misteriosa morte

Gabriele Galluccio
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Antefatto storico, si fa per dire, perché la verità vera non è mia venuta alla luce. Il 18 settembre 1931 una bellissima ragazza bionda, Angelica Raubal, detta Geli, di ventitré anni, viene trovata morta, riversa in un lago di sangue in un lussuoso appartamento a Monaco di Baviera, al numero 16 di Prinzregenteplatz, gli inquirenti (diciassette ore dopo la morte) stabiliscono che si è sparata in testa con una Walther calibro 6,35. Il proprietario è Adolf Hitler, neosegretario del partito nazionalsocialista, di seguito nazista, futuro cancelliere del Reich. Geli è sua nipote, figlia di una sorellastra. Lo zio ha assecondato i desideri di studio (dopo aver abbandonato la facoltà di medicina, voleva diventare cantante lirica) della ragazza, intelligente e curiosa. La fa viaggiare tra Berlino, Amburgo, Norimberga, Weimar, il loro autista è Rudolph Hess. Lei, con il suo fascino, suscita interesse fra tutti gli uomini che circondano il futuro padrone della Germania, e poi dell'Europa. In particolare quello di Emil Maurice, autista di Hitler e cofondatore delle SS, che vorrebbe sposarla. E lei, innamorata, è d'accordo. Lo zio sembra d'accordo, ma subito dopo licenzia Maurice. Circolano sussurri e grida, nell'entourage del partito, alcuni sostengono che la ragazza è sempre, troppo, costantemente vicina al potente zio, molti ritengono il loro rapporto, morboso, alcuni parlano di incesto, altri aggiungono particolari di deviazioni sessuali, anche violente, espresse soprattutto quando Geli gli fa da modella per i suoi ritratti, e "Zio Alf", pittore per passione, la ritrae nuda. Si facevano vedere spesso insieme in uscite pubbliche, frequentavano ristoranti e teatri, lui era già famoso per aver pubblicato Mein kampf, che lo aveva reso ricco, e alle elezioni era stato un trionfo. LE ACCUSE Il giornale socialista Munchener post scriveva apertamente, due giorni dopo il rinvenimento del corpo, che «Hitler sparò alla propria amata nipote, Geli Raubal, e che l'omicidio era stato archiviato come suicidio dal Ministro della Giustizia bavarese, alleato politico». A quasi 90 anni di distanza, ci pensa uno scrittore italiano (esordiente) a riportare in vita un cold case tra i più indagati (invano), nel corso della storia. Fabiano Massimi, laureato in filosofia, docente alla Biblioteca Delfini di Modena, ha costruito intorno all'episodio un thriller avvincente, andando quindi oltre il trend attuale di riscrivere il passato in chiave romanzata. Lo fa restando fedele ai punti essenziali della vicenda, interrogativi rimasti senza riposta: perché Hitler cambiò addirittura carattere dopo la morte di Geli? E come mai non riusciva a staccarsi dal suo ricordo, e in ognuna delle sue case collocava sempre un ritratto di lei? È vero che la Walther 7.65 con la quale si suicidò nel bunker poco prima dell'arrivo dei russi era la stessa usata da Geli? O forse da altri per eliminarla? E se fosse stato Hitler, perché avrebbe dovuto uccidere una persona tanto amata? A causa della gelosia suscitata da Geli per l'ipotetica ossessione sessuale che lui provava nei suoi confronti? Il titolo è L'Angelo di Monaco (Longanesi, pag. 479, euro 18), e ha subito ottenuto una conferma sorprendente: è stato il più venduto alla Fiera del Libro di Londra, ed è già in corso di traduzione in dieci lingue. E parte da una considerazione "filosofica" che però leggeremo soltanto alla fine del libro: «La storia non la scrive chi vince, ma chi sopravvive. Anche gli sconfitti, prima o poi, trovano voce». Insomma è in agguato tra le pagine una sorpresa, ma in questo senso non possiamo dirvi altro, senza il rischio di "spoilerare", atto delittuoso nel contesto di un thriller, scusate il gioco di parole. LE INDAGINI Quindi ripartiamo dall'inizio, quando l'ispettore Sauer arriva sul luogo del delitto, in compagnia di un collega, e da quel momento gliene capiteranno di tutti i colori, incluso l'innamoramento con una bella e dolce esponente della resistenza al nazismo. E apprendiamo tra l'altro che la notte in cui Geli muore, Herr Hitler si trovava in compagnia di un'altra bionda, quella passata alla storia con il nome di Eva Braun. Quindi ha un'alibi? E c'è una misteriosa lettera sulla quale tutti vorrebbero mettere le mani, è firmata con l'iniziale H., ma non è detto che sia quella del cognome Hitler, ce ne sono altre di contorno, tra i coprotagonisti. Vedi Herman Goering, ad esempio, oppure Heinrich Himmler, guida della propaganda nazi, che per anni aveva accumulato materiale contro il suo amico e capo, nella speranza di poterlo sostituire un giorno alla guida del partito. Oppure Reinhard Heydrich, il "boia di Praga" scelto proprio da Himmler per costituire i servizi segreti del partito. E Heinrich Hoffman, il fotografo di Hitler, che grazie ai diritti esclusivi su tutti i ritratti del Furher diventò uno degli uomini più ricchi della Germania e restò tale anche dopo la caduta del Reich. E qui si pone un altro interrogativo. Quanto peso ebbe la gelosia che i potenti gerarchi covavano nei confronti di Geli? «Per la sua morte non c'è stata giustizia. Forse un romanzo renderà giustizia alla sua vita», conclude l'autore in una nota. di Bruna Magi

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