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Miami, l'edificio collassato "sprofondava di 2 millimetri ogni anno dal 1990": lo studio-choc del 2020

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Si continua a scavare tra le macerie dell'edificio di 12 piani che lo scorso giovedì si è accartocciato su se stesso a Miami: il bilancio del crollo al momento è di 4 morti e 159 dispersi. Per l'occasione si stanno utilizzando attrezzature speciali. L'obiettivo è quello di riuscire a trovare qualche sopravvissuto. "Abbiamo ancora la speranza di salvare vite", hanno detto i soccorritori. Alcuni di loro, in particolare, hanno riferito di aver sentito diversi rumori ma per ora nessuna voce. 

 

 

 

Il presidente Joe Biden ha approvato lo stato di emergenza per la Florida, aprendo così agli aiuti federali. L'inquilino della Casa Bianca, poi, ha autorizzato la Fema - la protezione civile Usa - a "coordinare gli sforzi con l'obiettivo di alleviare" le difficoltà e offrire adeguata assistenza. Intanto si indaga sulle cause dell'incidente. A far discutere - come riporta il Giornale - è uno studio dell'anno scorso di Shimon Wdowinski, docente della Florida International University, secondo cui l'edificio stava sprofondando al ritmo di 2 millimetri l'anno dal 1990. Questo potrebbe aver avuto ripercussioni sulla struttura e sulle fondamenta del palazzo, costruito nel 1981 in un'area paludosa bonificata.

Un'altra delle cause del crollo potrebbe essere stata l'acqua salata dell'oceano di fronte, che negli anni sarebbe riuscita a penetrare il cemento e corrodere le fondamenta. Secondo diversi residenti, inoltre, il palazzo aveva bisogno di una ristrutturazione, tant'è che si erano lamentati più volte per infiltrazioni e crepe sui muri. Le autorità locali nel frattempo non si danno pace: "I palazzi non crollano in America. È un fenomeno da terzo mondo", ha detto il sindaco di Surfside.

 

 

 

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