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Cina, siamo noi a pagare la bomba atomica dei comunisti: una scomoda verità sulla minaccia nucleare

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Mirko Molteni
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Quando compriamo prodotti "Made in China", parte dei nostri soldi va a pagare nuove armi nucleari lanciabili anche sull'Italia. L'arsenale atomico della Cina è in veloce espansione e un nuovo allarme è stato lanciato ieri dal FAS, Federation of American Scientists, le cui immagini satellitari svelano una base missilistica in costruzione ad Ha mi, nei deserti dello Xinjiang. Vi si scavano pozzi sotterranei di lancio sufficienti per 110 missili intercontinentali a testata nucleare.

 

Un tipico missile cinese DF -41 ha una gittata fra 12.000 e 15.000 km, sufficiente a colpire l'America e l'intera Europa, e può portare a bordo fino a 12 testate multiple. È la seconda nuova base cinese di missili nucleari scoperta in meno di un mese. Lo scorso 2 luglio il Dipartimento di Stato americano denunciava un altro poligono in costruzione, con 119 silos di lancio, a Yumen, nella provincia del Gansu. Il portavoce Ned Price aveva detto: «L'arsenale atomico della Cina cresce più in fretta del previsto. Ciò solleva interrogativi sulle intenzioni della Cina». Pechino dice di avere solo 300 ordigni nucleari, ma i conti non tornano dato il gran numero di missili, sottomarini e aerei che possono portare tali armi. C'è chi stima 1.500 o 2.000 atomiche cinesi. USA e Russia hanno rispettivamente 3.800 e 6.400 testate.

 

Ma Washington e Mosca hanno almeno rinnovato fino al 2026 il patto New START, che ne limita gli arsenali. La Cina ha invece sempre avuto mani libere e può armarsi a piacere, anche in segreto. La spesa militare ufficiale cinese è di 250 miliardi di dollari, contro 780 degli USA, ma a parità di potere d'acquisto interno potrebbe equivalere a 450 miliardi. Ovvio che gran parte di queste risorse finanziarie vengono ai cinesi da esportazioni alimentate dai consumatori occidentali. Siamo nel mirino che paghiamo noi stessi. 

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