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Luciano Gattinoni sul Covid in Germania: "Naturisti, druidi e anti-scienza. Ecco perché il Paese è travolto"

Pietro Senaldi
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«Sì, i dati dicono che la Germania è investita dalla quarta ondata dell'epidemia di Covid, ma la realtà ospedaliera che io vivo tutti i giorni è completamente diversa. Non c'è emergenza in terapia intensiva». Luciano Gattinoni non si scompone mai: «Ogni giorno che passa ci avvicina alla morte e la scienza si fa a posteriori, che talvolta significa anche posteri, un po' come il domani, non dà certezze, solo verità provvisorie, destinate a essere avvalorate, o smentite, dal tempo e dall'esperienza». Il medico filosofo, anestesista e rianimatore, ex primario del Policlinico di Milano, da anni in trasferta a Göttingen, Bassa Sassonia, è stato il primo a curare a pancia in giù i malati di Corona, la cosiddetta tecnica dei "pronati". Per un anno è stato nella nazione europea che più ha tenuto sotto controllo il virus, mentre l'Italia era nel caos. Oggi le parti si sono invertite. La Germania viaggia oltre i 50mila contagiati giornalieri e a destare preoccupazione, oltre il numero, è l'accelerazione, visto che solo una settimana fa i nuovi positivi quotidiani erano meno di 40mila. Il professore per una volta si sbilancia: «Merito dei vaccini. Fanno bene i tedeschi a chiamare la quarta ondata "l'epidemia dei non vaccinati". Sui dati non si discute, l'80% dei ricoveri è di pazienti che non si sono immunizzati».

 

 

 

Condivide le decisioni del governo tedesco di imporre l'obbligo di Green Pass per accedere a eventi pubblici?

«È un modo per mettere in maggiore sicurezza i luoghi di incontro. Qui in Germania c'è un'autonomia regionale sanitaria più marcata che in Italia; di fatto ogni Land fa quel che vuole. I primi a ripartire con le chiusure sono stati Berlino e la Turingia, probabile che saranno imitati. Il Green pass poi serve per indurre le persone a immunizzarsi».

Perché il virus è ripartito dalla Germania?

«I fattori possono essere vari. Il più certo è che il numero dei tedeschi vaccinati è relativamente basso: siamo ancora sotto il 65% della popolazione contro l'85% degli italiani».

Come se lo spiega dai tedeschi, che nel nostro immaginario sono così razionali e ligi alle regole?

«C'è uno strano naturismo anti-scientista in Germania, una sorta di ambientalismo ancestrale che considera buono tutto ciò che è naturale e maligno tutto ciò che interviene per alterare il corso della natura. Qui i druidi del bosco esercitano un grande fascino, non a caso il numero di vegani è mostruosamente maggiore rispetto all'Italia».

Il vaccino sarebbe un prodotto del maligno per i no vax?

«Tutta la medicina, specie quella chimica, è vissuta da una fascia della popolazione tedesca, nella quale pullulano i no vax, come qualcosa che agisce contro natura, e quindi è fondamentalmente sbagliato perché altera i processi umani. E di questa mentalità, o sentimento se preferisce chiamarlo così, la Germania è vittima».

In che senso, professore?

«Anche il Covid, essendo un virus, è frutto della natura, e per sopravvivere ci aggredisce e genera l'epidemia. Certi no vax dovrebbero rileggersi Leopardi: la natura è matrigna e bieca, la scienza salva l'uomo. Ma dire queste cose a un no vax è fiato sprecato».

Mi descrive i no vax come adepti di una sorta di religione. Ecco perché il Green pass non ha effetto sudi loro...

«Ciononostante sono a favore del lockdown per i non vaccinati, di cui si sta parlando in Germania; se non altro, per consentire agli altri di vivere. Male dirò di più: io credo che andrebbe introdotto l'obbligo di vaccinazione, almeno per le categorie di lavoratori più a contatto con il pubblico e per chi vuole frequentare stadi, cinema o ristoranti. Non mi basta il tampone che attesta che in quel momento si è negativi».

Lei vuol beccarsi un'accusa di essere antidemocratico...

«La Costituzione ti consente la libertà di scegliere di non vaccinarti, ma l'obbligatorietà in emergenza non è scandalosa quando è necessaria a tutelare la comunità».

Siamo allo scontro tra vaccinati e non vaccinati: è il trionfo della scienza o dell'anti-scienza?

«Se si guarda ai risultati del vaccino, è il trionfo della scienza. L'esistenza di facinorosi non legittima a dire che sta vincendo l'anti-scienza. Forse si dimentica che in tempi non lontanissimi gli scienziati finivano anche sul rogo. Oggi, a differenza di un tempo, è la minoranza e non la maggioranza che scambia gli scienziati per degli stregoni o per strumenti del potere».

 

 

 

Come mai, malgrado i dati ne dimostrino l'efficacia, alcune persone rifiutano il vaccino?

«Il no vax convinto è animato da quella sensazione di immortalità che ci portiamo dentro tutti noi, per cui ciascuno tende a pensare che le cose spiacevoli capiti no agli altri; un po' come i ragazzini che fanno le impennate in motocicletta. È una cosa irrazionale, mentre razionale sarebbe aver paura di ammalarsi e fare di tutto per evitarlo».

Ma molti non si vaccinano proprio per paura dei vaccini...

«Quello è per diffidenza e ignoranza. E purtroppo devo dire che una buona responsabilità in questo ce l'ha anche il modo pessimo con cui il governo ha comunicato. Per non parlare dei talkshow: se tu metti un luminare a duettare con Paragone, magari vince Paragone perché conosce meglio il mezzo».

Per questo lei va meno in tv?

«Preferisco fare come Draghi. Bisogna parlare solo di quel che si conosce e sul Covid l'unica cosa da dire sarebbe che è un argomento che va oltre l'attuale conoscenza tecnica e biologica, del quale sappiamo poco e che stiamo studiando, accumulando pezzi di verità che possono essere contraddetti un domani. La gente chiede certezze ma qui si vive nell'incertezza».

La lotta al Covid viene politicizzata?

«I no vax la politicizzano, trovando giustificazione ai propri deliri in teorie complottiste. Ma anche dividere il mondo tra negazionisti folli e catastrofisti prudenti, come si tende a fare in Italia è sbagliato. La destra è più spavalda e la sinistra più prudente, ma solo perché quando è scoppiata la pandemia c'era la sinistra al governo: è un gioco delle parti che non ha nulla di scientifico. Per fortuna ora che c'è Draghi su questo hanno fatto tutti marcia indietro».

C'è chi accusa il governo di tenere il Paese legato all'emergenza per potere agire a mani libere.

«Se mi vaccino, contribuisco a contenere il Covid e tengo liberi letti e medici, che così possono curare gli altri. L'epidemia nel 2020 ha travolto la nostra sanità. Lo scopo della profilassi è evitare il ripetersi dell'emergenza ospedaliera: i morti di troppo per malattie cardiache o tumori non curati sono un tragico effetto collaterale del virus, che oggi grazie ai vaccini non c'è più».

Però i no vax dicono che si ammalano anche gli immunizzati, ed è vero. Come mai accade?

«Perché il vaccino non protegge del tutto, non protegge tutti allo stesso modo e ha un'efficacia limitata e calante nel tempo. Sono tanti i fattori che determinano il quadro di un'epidemia. Alcuni li conosciamo, altri no, e comunque tutti concorrono in una percentuale diversa».

Che cosa conosciamo?

«Il primo fattore è che è cambiata la popolazione, grazie ai vaccini e grazie alla diffusione del virus: se ti sei immunizzato o già ammalato, hai maggiori difese, quindi hai meno probabilità di infettarti anche se entri in contatto con il virus. E questo potrebbe spiegare gli attuali dati diversi tra Italia e Germania. Il secondo fattore è il virus, che muta per sopravvivere».

Allude alla variante Delta?

«E pure alle altre. Normalmente il virus, mosso dall'istinto di sopravvivenza, cambia per diventare più contagioso ma anche meno letale. E questa può essere una delle concause per cui, fatti cento contagiati, ci sono meno ricoverati e intubati rispetto alla prima ondata».

Quanto durerà ancora la pandemia?

«Questo dipende anche dal terzo fattore, il fattore K».

O fattore "C", cioè la fortuna?

«Qualcosa di altrettanto imprevedibile. Le pestilenze dopo un po' vanno via».

Non si sbilancia?

«Un anno fa dissi che ci accompagnerà per tutto il 2022. È una sensazione, mediata con l'osservazione di quanto accade, l'esperienza e le mie conoscenze. Ma non significa che l'anno prossimo avremo gli stessi morti di quest'anno. Chi prevede 500mila decessi in Europa nei prossimi sei mesi è pessimista». 

 

 

 

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