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Vladimir Putin, rivolta al Cremlino guidata dal vicepremier Novak: gas in rubli, un terremoto

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Prima opposizione a Vladimir Putin. E non fuori dal Cremlino. È accaduto in Russia sul pagamento in rubli del gas. Sul tema lo zar è stato avvisato che ciò che cercava di fare non avrebbe funzionato. Motivo questo per cui il presidente russo ha preso tempo e il blocco della fornitura all'Europa è stato rinviato. Tra le prime a fare barricate, Gazprom, la società nazionale dell'energia. Ma non solo. Come l'azienda anche il vicepremier Alexander Novak, economista e già ministro dell'Energia, ed Elvira Nabiullina, governatrice della banca centrale.

 

 

Il motivo? Non ci sono abbastanza rubli sui mercati internazionali. Per non parlare poi delle gravi conseguenze per Mosca: se davvero la Russia avesse interrotto per ritorsione le forniture per le quali l'Unione Europea oggi paga circa 800 milioni di euro al giorno, Gazprom avrebbe danneggiato i giacimenti, se avesse bloccato l'estrazione di gas, e allora non sarebbe rimasto che bruciarne la produzione mandando letteralmente in fumo la più grande risorsa della Russia.

 

 

Da qui, quella che il Corriere della Sera definisce "ritirata mascherata". Putin ha infatti contattato i premier di Italia e Germania Mario Draghi e Olaf Scholz. Entrambi però si sono mostrati inflessibili. "Faremo solo ciò che è compatibile con i contratti in vigore", ha detto il nostro presidente del Consiglio allo zar. Stesso discorso per Scholz che ha chiesto al leader russo di spiegarsi meglio per iscritto. La fermezza con l'aggiunta della compattezza dell'Occidente ha preso alla sprovvista Putin che però ha ben pensato di rincarare la dose. Dopo aver rinviato di un giorno la misura, il presidente russo ha firmato il decreto presidenziale sulle regole del commercio di gas naturale russo con i cosiddetti Paesi ostili per il pagamento in rubli.

 

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