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Vladimir Putin “armato da Macron e Merkel”: sanzioni aggirate, lo scandalo che travolge Parigi e Berlino

Fausto Carioti
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Ci sono bombe, razzi e missili francesi e tedeschi tra le armi che la Russia sta usando per invadere l'Ucraina e soggiogare e uccidere coloro che la difendono. E non si tratta di anticaglie: le forniture sono state fatte dopo il 2014. Ossia dopo che la Ue, reagendo all'invasione russa della Crimea e con l'indispensabile consenso di tutti i suoi Stati membri, aveva introdotto un embargo che avrebbe dovuto impedire simili operazioni. In altre parole i presidenti François Hollande (socialista) e il suo successore Emmanuel Macron (centrista, all'Eliseo dal 2017) e la cancelliera Angela Merkel (in carica dal 2005 al 2021) hanno scavalcato i divieti di quella Unione per la quale dichiaravano di impegnarsi, anteponendo agli obiettivi europei i rapporti bilaterali con Vladimir Putin e la sua Russia, da cui i loro Paesi acquistano gas e petrolio. La notizia, destinata ad avere un'eco scarsa o nulla nella stampa e nella politica continentale, l'ha data ieri The Telegraph, storico e autorevolissimo quotidiano britannico di area conservatrice. La sua inchiesta cita documenti di Bruxelles e spiega come «la Francia e la Germania hanno armato la Russia con 273 milioni di euro di materiale militare, ora probabilmente utilizzato in Ucraina».

 

 

COMODE SCAPPATOIE
I due Paesi hanno «inviato attrezzature che includevano bombe, razzi, missili e armi, a Mosca, nonostante un embargo a livello Ue sulle spedizioni di armi verso la Russia, introdotto a seguito della sua annessione della Crimea nel 2014». Il Telegraph riporta anche che «la Commissione europea questo mese è stata costretta a chiudere una "falla" nel suo embargo, dopo che è stato scoperto che almeno dieci Stati membri hanno esportato quasi 350 milioni di euro in attrezzature verso il regime di Vladimir Putin. Circa il 78% di questo quantitativo è stato fornito da imprese tedesche e francesi». Le commesse di armi inviate dalla Francia tra il 2015 e il 2020 ammontano a 152 milioni di euro in bombe, razzi e siluri, telecamere termiche in grado di equipaggiare oltre mille carri armati russi e sistemi di navigazione per caccia ed elicotteri da guerra. Le forniture "made in Germany" comprendono invece navi rompighiaccio, ma anche fucili e veicoli blindati leggeri, per un totale di 121,8 milioni di euro.

 

 

La giustificazione usata a Parigi è che, anche se le consegne sono avvenute dopo il 2014, i contratti erano stati siglati in tempo utile per essere rispettati. Il documento Ue approvato a Bruxelles il 31 luglio del 2014, infatti, escludeva dall'embargo tutte le forniture alla Russia concordate prima del giorno successivo (l'occupazione della Crimea era iniziata il 20 febbraio...), creando così una scappatoia comoda per molti. Nel governo di Berlino, la spiegazione è che la cessione di quegli equipaggiamenti da parte delle aziende tedesche è avvenuta dietro garanzia del Cremlino che sarebbero stati usati solo per scopi civili: «Se ci fossero state indicazioni di qualsiasi tipo di uso militare, le licenze di esportazione non sarebbero state concesse». Ancora nel 2021, quando sotto gli occhi del mondo Putin preparava l'invasione dell'Ucraina, secondo i dati della Commissione europea riportati dal Telegraph «i Paesi Ue hanno venduto alla Russia armi e munizioni per un valore di 39 milioni di euro». Solo l'8 aprile scorso, con il varo del quinto pacchetto di sanzioni contro Mosca e su pressione dei Paesi baltici e degli Stati orientali della Ue, sono state chiuse (almeno così si spera) tutte le falle che rendevano l'embargo del 2014 aggirabile con facilità.

 

 

IL RUOLO DELL'ITALIA
A condividere con il quotidiano inglese i documenti di Bruxelles è stato un eurodeputato romeno del gruppo dei Conservatori e riformisti, Cristian Terhes. Il suo commento è che «mentre l'Ucraina sta chiedendo disperatamente armi per difendersi dall'invasione di Putin, Germania e Francia tacciono, ma sono state felici quanto basta da vendere tranquillamente e vergognosamente le loro merci a Mosca». Tra i Paesi che dopo il 2014 hanno ceduto alla Russia materiale "a doppio uso", civile e militare, figura pure l'Italia. Anche se è al terzo posto, il controvalore delle forniture è assai più basso, pari a 22,4 milioni di euro. Tra i mezzi venduti ci sono i veicoli blindati leggeri Lince, prodotti dalla Iveco e usati dall'esercito russo anche in Ucraina. La loro vendita fu autorizzata nel 2015, ai tempi del governo Renzi. Con valori via via minori, nella classifica dei Paesi Ue che hanno ceduto materiale per uso militare a Mosca dopo l'annessione della Crimea appaiono anche Austria, Bulgaria, Repubblica ceca e Regno Unito.

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