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Vladimir Putin, il discorso alla Piazza Rossa e il precedente del 16 febbraio: perché il mondo teme il peggio

Daniele Dell'Orco
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Vladimir Putin l'ha mandato forte e chiaro il messaggio alla Nato, ma non quello si immaginavano tutti. In occasione dell'attesissima parata del 9 maggio, il giorno in cui l'Armata Rossa sconfisse la Germania nazista nella Grande Guerra Patriottica, tutto il mondo aspettava col fiato sospeso il discorso col quale, secondo le informazioni diffuse dai media occidentali, il presidente russo avrebbe dichiarato la "guerra totale" all'Ucraina, o la mobilitazione generale per sopperire alle tante perdite sul campo, o una nuova minaccia nucleare. Invece, Putin ha scelto un profilo basso, bassissimo. Quasi da paciere. Subito dopo i rintocchi dell'orologio della Torre Spasskaya sulla piazza Rossa, Putin ha esordito elogiando la difesa della Patria come stella polare che oggi come in passato deve dettare la rotta alla Russia. Una difesa dai tedeschi nel 1945, dalla Nato nel 2022, a cui Putin ha addossato tutte le colpe del conflitto in Ucraina: «La Russia ha invitato l'Occidente a un dialogo onesto, a cercare soluzioni ragionevoli e di compromesso, a tener conto dei reciproci interessi. Tutto invano. I Paesi della Nato non volevano ascoltarci, il che significa che in realtà avevano piani completamente diversi. E l'abbiamo visto», ha detto Putin. Piani che non avrebbero «lasciato scelta» alla Russia se non quella di attaccare preventivamente un Paese "gemello" che stava iniziando a rappresentare una minaccia «assolutamente inaccettabile»: «Erano in corso i preparativi per un'altra operazione punitiva nel Donbass, per un'invasione delle nostre terre storiche, compresa la Crimea. A Kiev avevano annunciato la possibile acquisizione di armi nucleari».

 

 

 

Il copione insomma è sempre lo stesso: in nome del desiderio di «esclusività che ha umiliato il mondo intero compresi i suoi satelliti» gli Stati Uniti avrebbero usato l'Ucraina per metterla contro la Russia e per soffocare i russofoni nel Donbass. Così, bisognava reagire. Questa rappresentazione diabolica degli Stati Uniti serve a Putin per tracciare il ritratto di una Russia come baluardo di libertà, non solo per i russi, ma per «tutti i popoli e le culture». Ironico come la contrapposizione narrativa sia la stessa adottata dagli ucraini considerati invece in Occidente «i difensori del mondo libero». Putin si è voluto innalzare al rango di protettore dei «valori millenari» che l'Occidente, degradato moralmente, «ha deciso di cancellare». E anzi, oltre a non aver avviato una nuova escalation, ha approfittato della ricorrenza per scongiurare il conflitto mondiale: «Dobbiamo fare di tutto affinché l'orrore di una guerra globale non accada più». Poi, un altro leit-motiv antropologico. Putin accusa da sempre l'Occidente di fomentare la russofobia (e gli vengono tristemente offerti assist continui da chi impedisce a intellettuali, artisti e sportivi russi di esibirsi in giro per il mondo), così, un po' a sorpresa, nella sua apologia dei vincitori contro il nazismo ha elogiato «tutti i soldati degli eserciti alleati, americani, inglesi, francesi, i partecipanti alla Resistenza, i valorosi soldati e partigiani della Cina».

 

 

 

NIENTE AEREI

Insomma, un Putin "pompiere", in un 9 maggio che verrà ricordato paradossalmente per una certa sobrietà. In alcuni casi pilotata, in altri involontaria. Putin non ha mai nominato l'Ucraina (solo il Donbass), ha messo in soffitta il concetto di "denazificazione", ha rinunciato alla parola "vittoria" in riferimento alla guerra in corso, ha messo in panchina il Capo di Stato Maggiore Gerasimov, assente e sospettato di nuovo di essere rimasto vittima di un attacco ucraino a Izyum (per la verità il suo ferimento è stato smentito dagli stessi ucraini). Persino la sfilata dei 77 aerei (con gli attesissimi 8 caccia Mig-29 schierati a forma di Z) è stata annullata per via del maltempo (nel corso della mattinata ha in effetti iniziato a piovere copiosamente). Ma forse è proprio per questo che bisognerà iniziare a preoccuparsi, visto ciò che accadde lo scorso 16 febbraio, quando il Pentagono giurò che la Russia avrebbe invaso l'Ucraina e Putin e Lavrov parlarono di «isteria dell'Occidente». Quando tutti pensavano che potesse esserci aria di disgelo, l'attacco venne scagliato davvero, appena una settimana dopo. 

 

 

 

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