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Turchia, "operazione Efeso": droni, jet e navi, "guerra alla Grecia" per un'isola nel Mediterraneo

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La Turchia non mollerà un centimetro nel Mediterraneo Orientale: lo ha ribadito oggi il presidente Recep Tayyip Erdogan, rivolgendosi esplicitamente alla Grecia con parole minacciose, a poche ore dall'inizio dell'esercitazione Efeso-2022. Si tratta della più grande manovra pianificata dall'esercito di Ankara quest'anno, cui prenderanno parte circa 10mila uomini appartenenti a esercito, marina e aeronautica. Il ministro della Difesa Hulusi Akar ha preso parte all'inizio delle operazioni, ma è tuttavia il discorso di Erdogan ad aver tenuto banco ribadendo le intenzioni della Turchia nell'area. "Esortiamo la Grecia a tenere a bada parole e azioni, a usare la testa e tornare in sé se non vuole pentirsene come avvenuto un secolo fa. Sono serio, non sto scherzando, qualcuno è stato viziato negli anni passati e fino a quando questi vizi non saranno eliminati questo argomento rimane sensibile", ha detto Erdogan in riferimento alle pretese territoriali della Grecia nel Mediterraneo Orientale e al sostegno che Atene ha ricevuto da Unione Europea, Francia in testa e Stati Uniti negli anni passati. 

 

 

 

 

"I politici greci mirano a mutare le regole del diritto con dichiarazioni e azioni. E' inaccettabile che la Turchia non possieda isole a più di due km di distanza dalla propria costa mentre la Grecia abbia isole a oltre 600 km dalla terraferma. Ora a causa dell'isola di Meis (Castellorizondr) pretendono 40mila chilometri quadrati di mare. E' inaccettabile", ha dichiarato il presidente turco. L'esercitazione arriva a pochi giorni dalle dichiarazioni del ministro degli Esteri di Ankara, Mevlut Cavusoglu, che aveva chiesto alla Grecia "risposte chiare rispetto alla militarizzazione delle isole dell'Egeo" di cui Ankara accusa Atene. Parole che hanno fatto da apripista alle manovre dei militari, impegnati in uno scenario che prevede la liberazione di un'isola occupata. E' prevista una fase di bonifica dalle mine, lo sbarco di sabotatori, paracadutisti e subacquei incursori, apripista all'eliminazione di obiettivi fissi, basi e postazioni nemiche attraverso anche l'utilizzo di mezzi anfibi, sommergibili e artiglieria capace di colpire a corta e media distanza. Il supporto aereo è garantito dagli elicotteri Atak e dai jet da guerra F16 di fabbricazione americana in dotazione all'esercito turco. 

 

 

 

 

Rispetto all'arsenale utilizzato va sottolineato che il sistema di difesa utilizzato nella simulazione di un contrattacco è il Korkut di fabbricazione turca, così come anche l'esordio assoluto del nuovo drone kamikaze Kargi, frutto degli enormi progressi fatti registrare dall'industria della Difesa di Ankara. Non è una prima assoluta, ma prosegue con successo la fase di primo utilizzo sperimentale del nuovo gioiello turco, il drone Akinci, destinato ad affiancare prima e prendere il posto poi del famigerato Bayraktar, che con la guerra in Ucraina ha conquistato le luci della ribalta. Akinci era stato utilizzato nelle scorse settimane con successo in operazioni mirate nel nord della Siria e ha già riscosso l'interesse di diversi Paesi. Ankara lancia anche un nuovo sistema per il rilevamento di tunnel e un fucile di precisione di produzione propria, KNT-76, capace di colpire bersagli fino a 800 metri con la massima precisione. L'esercitazione è anche l'occasione per il collaudo di nuovi blindati, evoluzione dei modelli Kirpi e Kobra che Ankara ha utilizzato negli anni passati ed esportato in diversi Paesi africani. Proprio i Paesi africani figurano tra coloro che hanno accettato l'invito di Ankara ad assistere alle operazioni. Circa 1.100 soldati provenienti da 37 Paesi diversi tra cui figurano alleati Nato come Usa e Germania, oltre che Italia e Inghilterra, al fianco di militari libici, gambiani, somali nigeriani, ruandesi e del Burkina Faso. Tutti Paesi che già utilizzano o sono in trattativa per l'acquisto di armi dalla Turchia. 

 

 

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