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Xi Jiping disposto a tutto per Taiwan, retroscena: il tesoro nascosto nell'isola

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Taiwan è un’isola a sud-est della Cina ed è uno stato a sé stante, con un proprio governo e un proprio sistema politico. Ma non è riconosciuto come tale da Pechino, che la considera una parte del suo territorio e la rivendica. È fuori dall'Onu, ma nella realtà ben 59 Paesi hanno stabilito con Taipei relazioni non ufficiali: Stati Uniti, l'Unione europea, il Giappone, la Russia, il Regno Unito. Taiwan è infatti uno dei centri più importanti nelle catene di produzione internazionali (è il maggior produttore mondiale di microchip, indispensabili in gran parte dell'industria, non solo quella dei computer e dei telefoni ma in qualsiasi prodotto che abbia un contenuto elettronico e digitale) e non si può fingere che non esista. 

 

 

Per questo Xi Jinping vuole riprendersela. Quando? Come? Per ora osserva cosa succede in Europa dove la Russia ha invaso l'Ucraina e il dibattito in Cina è sempre più intenso. Si tratta di vedere che succede, che accordi verranno trovati, ma ancora non è all'ordine del giorno un'azione militare, obiettivamente rischiosa. Piuttosto, rivela il Dataroom di Milena Gabanelli sul Corriere, pensano di bloccare porti e aeroporti dell'isola creando così problemi enormi per le forniture globali di microchip. Pechino vuole però capire anche fin dove arriva la volontà degli Usa e dei Paesi democratici di opporsi alle aggressioni e alle rivendicazioni territoriali dei regimi autoritari

 

 

Da parte loro, anche gli Stati Uniti si preparano ai diversi scenari: già nel marzo del 2021, l'ammiraglio americano che ha comandato le forze Usa nell'Indo-Pacifico fino all'anno scorso, Phil Davidson, ha detto al Comitato per i servizi armati del Senato di Washington di ritenere che un attacco cinese a Taiwan si potrebbe "manifestare nei prossimi sei anni". Ad accelerare i tempi ci ha pensato Vladimir Putin invadendo l'Ucraina. Nelle settimane scorse Joe Biden ha confermato che in caso di attacco cinese gli Usa difenderebbero l'autonomia di Taiwan. La risposta è arrivata nei giorni scorsi dal ministro delle Difesa cinese, generale Wei Fenghe: "Se qualcuno osa puntare alla secessione di Taiwan dalla Cina, non esiteremo a combattere. E combatteremo fino alla fine. Questa è la sola scelta per la Cina". Guerra, insomma. 

 

 

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