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Nancy Pelosi, l'ultimo azzardo: la visita che può scatenare il caos globale

Daniele Dell'Orco
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I teatri di crisi stanno pian piano diventando la specialità preferita della Speaker della Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti Nancy Pelosi. Democratica di ferro, ma non certo campionessa di diplomazia, ad inizio agosto, con il mondo intero allarmato dagli sviluppi della guerra in Ucraina, aveva pensato bene di organizzare un viaggio a Taiwan provocando un incidente diplomatico tra Usa e Cina (che rivendica da sempre la propria sovranità sull'Isola di Formosa) che per poco non si è tradotto nell'apertura di un nuovo fronte militare. Ma siccome di conflitti sparsi per il globo ce ne sono già molti, come meta del suo prossimo viaggio Pelosi ne ha scelto uno già pronto, l'Armenia, dove atterrerà oggi, come ha annunciato ieri a Berlino in occasione del G7 dei presidenti delle Camere: «Siamo molto contenti e fieri di poter fare questo viaggio e poter riconoscere che quello che c'è stato più di 100 anni fa in Armenia è stato un genocidio». Parole capaci di far infuriare la Turchia, che non riconosce la veridicità dei massacri e delle persecuzioni compiute ai danni del popolo armeno tra il 1915 e il 1916. Ma non solo. Negli ultimi giorni il conflitto mai davvero sopito tra Armenia e il vicino Azerbaigian è riesploso in modo preoccupante. I due Paesi si contendono da decenni la regione del Nagorno-Karabakh. Dopo il crollo dell'Unione sovietica, un primo conflitto tra Yerevan e Baku nel 1992-94 aveva sancito il controllo armeno sulla regione e vari distretti circostanti.

IL CONFLITTO
Una ferita mai rimarginata per l'Azerbaigian e per la dinastia degli Aliyev che da 29 anni (prima papà Heydar e ora il figlio Ilham) governano il Paese e che nel settembre del 2020, col supporto economico, politico e militare della Turchia di Erdogan hanno mosso l'esercito contro l'autoproclamata Repubblica dell'Artsakh (il nome armeno del Nagorno-Karabakh). Dopo 44 giorni di sanguinose offensive e bombardamenti, l'Azerbaigian ha riconquistato circa il 50% della regione e ripreso il controllo dei distretti intorno, costringendo decine di migliaia di armeni ad abbandonare le proprie case e il presidente Vladimir Putin a schierare lungo i confini di ciò che resta del Nagorno-Karabakh armeno le forze di pace russe. Da novembre 2020 vige un cessate il fuoco mai rispettato appieno e mai considerato davvero duraturo. Ora, però, le ostilità hanno contagiato anche i confini riconosciuti internazionalmente della Repubblica d'Armenia, che nei giorni scorsi ha denunciato la morte di oltre 100 militari, il bombardamento di postazioni dei peacekeeper russi, la violazione dei confini da parte degli azeri. La questione è tutt'ora irrisolta, e con la tensione alle stelle il viaggio di Nancy Pelosi, che sarà accompagnata dal deputato Jackie Speier, anche lei democratica e di origine armena, potrebbe gettare altra benzina sul fuoco. Incontrando Pashinyan e altri funzionari governativi, la possibile prossima ambasciatrice statunitense in Italia farà innervosire prima di tutto la Russia (il territorio armeno è uno dei pochi al mondo in cui sono presenti basi di Mosca fuori dal confine della Federazione), che da anni prova a mediare a fatica nelle contese regionali e a respingere le persuasioni occidentali sul contestatissimo leader Pashinyan.

GLI ALLEATI TURCHI
Ma in quel cervellotico gioco di incastri che è la geopolitica, il gesto di Pelosi non farà felici nemmeno quelli che, formalmente, sono alleati militari americani: i turchi. Oltre alle parole sul genocidio degli armeni, riconosciuto proprio per iniziativa della Camera dei rappresentanti statunitense e sostenuto (curiosamente) dall'ex presidente Donald Trump (mai dai predecessori democratici), il rapporto tra Usa e Turchia è al momento piuttosto freddo per via del "doppigiochismo" che Ankara sta tenendo nel conflitto ucraino. Incastri complicati anche per quanto riguarda l'Azerbaigian, che certo non gradirà la tappa armena di Nancy Pelosi pur essendo da anni un partner che l'Occidente ha sottratto alla Russia e al momento uno dei pochi esportatori di gas naturale all'Unione Europea tramite il TAP. Ecco, come fu per Taiwan, principale cooperatore dell'Europa nella produzione dei preziosi semiconduttori, anche nel Caucaso la Pelosi potrebbe creare problemi alla politica estera di Bruxelles su un altro asset di cui ha disperato bisogno: il gas.

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