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Gas, la Germania è la vera anti-euro: il trucco per fregare l'Italia

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Pietro Senaldi
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Cinque giorni prima delle elezioni il segretario del Pd, Enrico Letta, è volato a Berlino per farsi dare la benedizione dal leader tedesco, il capo del Pd locale, Olaf Scholz. «No ai post-fascisti» ha dichiarato il crucco sinistrorso, per fare un favore al collega in difficoltà. Due giorni dopo, a meno di 48 ore dall'apertura delle urne, Ursula von der Leyen, un'altra tedesca, stavolta del Ppe, quindi teoricamente rivale di Scholz, ha usato il proprio ruolo di presidente della Commissione Ue per minacciare un eventuale governo di destra, dichiarando che «se in Italia dovesse mettersi male, l'Europa avrebbe gli strumenti per intervenire». Naturalmente gli echi di queste dichiarazioni sono stati grandi in Italia. Giornali, politici e pensatori di sinistra hanno rilanciato con viva preoccupazione i moniti germanici. Oggi, a meno di una settimana di distanza e con le urne chiuse, gli stessi che avevano riportato le parole di Scholz e von der Leyen come fossero brani del Vangelo, si sono cimentati in violentissime critiche alla Germania, egoista, antieuropeista, culla del sovranismo. La ragione di tanto sdegno è stata la decisione del governo di Berlino di stanziare 200 miliardi contro il caro bollette per sostenere le imprese e le famiglie tedesche. Una misura tampone, e non strutturale, che prevede di acquistare finché ce n'è, un po' come la morfina ai malati terminali, non cura ma lenisce il dolore e viene somministrata per accompagnare dolcemente alla morte.

GLI ATTACCHI
Naturalmente ai nostri critici del debito tedesco importa nulla. Berlino non viene attaccata perché rischia di far sballare i suoi conti ma perché affronta il problema senza curarsi degli alleati, badando solo ai propri interessi. Quei 200 miliardi infatti continuano ad alimentare il boom del prezzo del gas, creano concorrenza sleale, diminuendo i costi delle aziende tedesche rispetto alle altre, e sono la negazione di qualsiasi politica comune nell'affrontare un problema di tutti. Insomma, per dirla piatta: la grande Germania, Paese guida della Ue, si comporta né più né meno come l'Ungheria, nazione reproba per eccellenza. Con la differenza che, mentre Budapest ha un Pil equivalente all'Emilia, e quindi non è in grado di dissestare il Continente, qualsiasi mossa di Berlino ha devastanti ripercussioni su tutti noi. Questo per dire che il problema, in Europa, si chiama Scholz e von der Leyen, non Orbàn.

Fanno ridere i polli quanti si accorgono oggi che la Germania, forte della propria supremazia economica e demografica, ha sempre usato l'Europa come uno strumento per affermarsi a scapito dei Paesi alleati anziché per cementare l'Unione. E non solo perché, per lustri, Berlino ha utilizzato i paletti fissati dal patto di stabilità di Maastricht per soffocare la crescita delle economie rivali, in prima fila quella italiana, continuando a sforare i parametri Ue sull'export. Se la sinistra italiana fosse onesta intellettualmente non accuserebbe Salvini e Berlusconi di putinismo ma ricorderebbe che il mito di Draghi, mandato proprio da Silvio a guidare la Bce, nacque quando il governatore si oppose alla Merkel varando lo scudo di protezione all'euro. Fosse stato per Berlino, l'Europa, dopo essersi dissanguata per salvare le banche tedesche e francesi che, accecate dall'avidità, si erano esposte in modo sconsiderato verso la Grecia, sarebbe rimasta vittima della speculazione, con l'Italia e i Paesi più fragili, simpaticamente ribattezzati dalle consorterie teutoniche "pigs", cioè maiali, abbandonati sulla via del fallimento.

I TRUCCHI SULLO SPREAD
I nostri piddini accusano Salvini di essere il ventre molle d'Italia alle ingerenze di Mosca, ma per dirla tutta, nessuno è mai riuscito a chiarire in cosa esse consistessero. Ben diverso il discorso per Berlino, che arrivò a destituire un governo italiano sottoponendolo a un'offensiva finanziaria. Parliamo del 2011, Berlusconi premier, quando la Deutsche Bank vendette, all'improvviso e senza spiegarne mai il motivo, sette miliardi di debito pubblico italiano, facendo impennare lo spread oltre quota 500 e di fatto costringendo alle dimissioni il nostro governo, che aveva la colpa di battersi per gli eurobond, invisi a Berlino, e di voler ammorbidire le regole del patto di stabilità.

Questo per dire che la Germania è sempre stata egoista e sovranista almeno quanto l'Ungheria, e certo molto più di noi. È sempre stato anche il Paese più putinista d'Europa, anche a prescindere dal fatto che Gerhard Shröder, l'ultimo cancelliere di sinistra che ha avuto prima di questo, sia stato per oltre quindici anni un fidato consigliere a libro paga del presidente russo. La Merkel infatti ha sempre avuto rapporti esclusivi con Mosca, dal cui gas si è resa totalmente dipendente. Relazioni così intense da pregiudicare i rapporti tra Berlino e gli Stati Uniti, fino a scatenare una guerra commerciale che è alla base del tramonto della Cancelliera. L'offensiva americana alla Germania si è articolata su tre fronti. A metà degli anni Dieci, tre multe alla Deutsche Bank per circa 8 miliardi complessivi per manipolazione dei tassi, per aver aggirato le sanzioni contro i Paesi canaglia (Iran, Sudan, Libia) e per una spinosa questione di titoli tossici legati ai mutui subprime. Negli stessi anni, e poi anche nel 2018, l'attacco ai colossi dell'auto, accusati di produrre diesel che violavano i tetti alle emissioni inquinanti, e multati per una ventina di miliardi.

Infine, il boicottaggio del gasdotto North Stream, che avrebbe garantito l'approvvigionamento da Mosca a costi irrisori, per Washington simbolo e minaccia di un asse germano-russo, o meglio euroasiatico, in grado di sovvertire gli equilibri mondiali. Quando l'opera è stata terminata, è scattata la crisi ucraina, con progressiva limitazione, tendente allo zero, delle importazioni da parte di Berlino e dell'Europa e uno degli ultimi atti è stata l'esplosione di tre tubi su quattro del gasdotto, rendendolo di fatto inservibile. Questo per dire che, anche se Letta non l'ha capito, gli Stati Uniti da dieci anni trattano Berlino come un nemico dell'Occidente alla stregua della Russia, della quale l'hanno sempre considerata alleata. E forse è questo a stare alla base dell'addio di Londra all'Unione e del raffreddamento dei rapporti americani con il Vecchio Continente. Alla Ue ora scegliere: con Berlino o con gli Usa. Giorgia Meloni pare abbia già deciso. 

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