Cerca
Cerca
+

Joe Biden nei guai per la Germania: "Fate soldi sulle nostre spalle"

Esplora:

Antonio Castro
  • a
  • a
  • a

C'è (tanto) nervosismo nel cuore economico d'Europa. Palpabile tensione tra formali alleati politici ma potenziali concorrenti economici. Ieri il ministro dell'Economia tedesco, Robert Habeck, ha lanciato un dardo avvelenato contro la Casa Bianca. Criticando quei Paesi, «anche quelli amici», che «ottengono al momento delle cifre astronomiche» vendendo il loro gas all'Ue. Non ci vuole un esperto di flussi energetici internazionali per capire che Berlino abbia mal digerendo la politica americana nella gestione degli approvvigionamenti energetici di gas naturale liquefatto (Gnl). Habeck va anche oltre e sottolinea che questo atteggiamento degli alleati d'Oltreoceano «pone dei problemi che vanno affrontati», invitando la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, a «parlare con questi Paesi» In una sibillina intervista alla Neue Osnabruecker Zeitung, il vicecancelliere e leader dei Verdi, ha pure difeso il piano da 200 miliardi di euro varato dall'esecutivo per contrastare i rincari sulle bollette di imprese e cittadini tedeschi. Piano contestatissimo, dai partner europei. Gli altri soci della confraternita europea giudicano l'intervento del governo federale tedesco come un «sorta di concorrenza sleale». Tanto più che fin ora proprio Berlino (oltre alla Norvegia, all'Olanda e una manciata di piccoli Stati del Sud-Est europeo) si è fieramente opposta alla richiesta della maggioranza (15 Paesi capitanati da Francia e Italia) di introdurre un tetto al prezzo del gas acquistato dall'estero. Non solo a quello russo ma soprattutto al Gnl che arriva dall'estero via nave e che sta inanellando da mesi di record su record nelle quotazioni internazionali. Habeck ha fatto attenzione a non alzare un polverone. Siamo attaccati alla mammella del Gnl. Nel pieno di una guerra ai bastioni orientali d'Europa e con una recessione indotta dalle evoluzioni imprevedibili. C'è poco da fare gli smargiassi con il principale azionista della Nato. E infatti il vice cancelliere ha glissato le polemiche e provato a suggerire i partner europei ad esercitare «il loro potere di mercato e orchestrare e sincronizzare dei comportamenti di acquisto intelligenti».

 

 

 

CONCORRENZA TRA STATI

Secondo la Commissione Ue (che domani si riunirà a Praga per l'attesissimo Consiglio europeo con il capitolo energia sul tavolo), c'è poco da spaccarsi ora. Berlino ha aperto agli acquisti comuni del gas (che da volontari potrebbero diventare obbligatori) e al price cap sul gas nella formazione del prezzo dell'elettricità. Però il blocco del Nord Europa (che oltre alla Norvegia conta Austria e Paesi Bassi), non sembra disposto a rinunciare ai ricchi incassi. L'Olanda ha il mercato finanziario in mano. La Norvegia ha superato la Russia nelle forniture via gasdotto. Ovviamente a prezzi correnti. Inimmaginabili fino a febbraio 2022. L'Austria- oltre a fare da snodo strategico di dispacciamento- non si schiererà mai contro Berlino. L'economia austriaca è interconnessa con quella tedesca. Sarebbe un suicidio. La Germania che ha poche infrastrutture per trasformare il Gnl. Certo si sta attrezzando. Provando a costruire o riconvertire punti di attracco lungo le coste e accelerando i progetti come il MidCat, il gasdotto che dovrebbe portare il Gnl scaricato nei porti iberici fino all'Europa centrale Ma ci vuole tempo. Le previsioni sono chiare: il ministro dell'Energia del Qatar Saad Al-Kaabi, giusto ieri ha puntualizzato che «è improbabile che la domanda globale di Gnl rimanga sui massimi per i prossimi 20-30 anni». Ma l'offerta rimarrà strutturalmente insufficiente fino al 2026. Farsi concorrenza tra Paesi Ue sarebbe folle. E si torna da capo. Nel breve periodo l'unica strada è trattare sconti con i singoli fornitori, i famosi «partner affidabili» citati nel marzo scorso dalla von der Leyen. Di certo gli Stati Uniti hanno più che raddoppiato le vendite di gas naturale liquefatto al Vecchio Continente. Ma bisogna sottoscrivere ora intese di ampio respiro. I grossi produttori come il Qatar (che si è impegnato a fornire 15 milioni di tonnellate di Gnl, il 19% della capacità), preferiscono stipulare contratti di lungo termine (30/50 anni), ma Paesi come la Germania vorrebbero optare per periodi più brevi visto che intendono la dipendenza da combustibili fossili a stretto giro. 

 

 

 

Dai blog