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Meloni-Macron, la verità sullo scontro: una storia di soldi e viaggi nello spazio

 Macron e Meloni

Carlo Nicolato
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Italia -Francia è certamente una partita di calcio che non vedremo al Mondiale in Qatar, ma quella vera si sta giocando altrove sui tavoli ben più importanti della politica e dell'economia europea. E non ci riferiamo solo all'immigrazione ovviamente, bensì a quello che si sta preparando tra il 22 e il 23 novembre prossimi quando a Parigi si svolgerà la "ministeriale" dell'Agenzia europea per lo spazio (Esa), la riunione triennale dei ministri competenti di un settore vitale per il nostro sistema industriale, scientifico, e per la difesa. Basti solo pensare che nella space economy l'Italia occupa il settimo posto al mondo per investimenti pubblici sul Pil, è quarta per esportazione di manufatti e al quinto posto per innovazione, dopo Stati Uniti, Francia, Giappone e Cina. E si prevede altresì che nei prossimi 20 anni triplicherà come minimo gli attuali 300 miliardi di fatturato.

 

 

Ebbene a Parigi si discuterà del rifinanziamento dell'agenzia per il prossimo triennio su una cifra, che risale a prima della guerra ma mai rivista, che secondo il direttore generale dell'Agenzia Josef Aschbacher non può essere inferiore a 18,5 miliardi di euro, il 30% in più rispetto agli impegni concordati in occasione della precedente Ministeriale di Siviglia. Si dovranno anche approvare nuovi programmi, nonché aggiornare quelli pregressi, che all'atto pratico saranno quelli perlopiù preparati e discussi in tre precedenti incontri voluti dalla Francia, tra febbraio ed aprile a Tolosa e Parigi, il che lascia presagire una notevole concentrazione dei fondi sull'industria transalpina. La partita come detto è in particolare tra la Francia e l'Italia.

QUESTIONE DI PROFILI - In quei tre citati incontri Parigi ha cercato ovviamente di approfittare della sua presidenza di turno ma anche del fatto che la controparte italiana era guidata da Vittorio Colao, che aveva un profilo molto poco politico e decisamente più gestionale di quanto non possa avere Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del Made in Italy al quale è stata affidata la delega allo spazio, di cui si era già occupato come presidente del Copasir, con l'evidente speranza che anche in tale ambito segua l'impronta "sovranista" che si evince dalla denominazione del suo stesso dicastero. Secondo i critici la linea gestionale ed europeista delle decisioni di Colao alla fine ha fatto il gioco della Francia che ne ha bassamente approfittato. L'esempio più lampante fu quando dopo il Trattato del Quirinale del 26 novembre dello scorso anno tra Parigi e Roma, che aveva un intero capitolo (il n.7) dedicato alla collaborazione sullo spazio, Colao decise di applicare immediatamente i precetti dello stesso affidando all'Esa la gestione di 1,3 miliardi del Pnrr italiano destinati allo spazio. Ovvero, con l'idea di snellire le competenze dell'Agenzia spaziale italiana Roma affidava a un Ente guidato principalmente da francesi e tedeschi il controllo di buona parte dei soldi che sarebbero dovuti servire per i nostri programmi spaziali.

 

 

LA PARTITA - Questa mossa introduce il tema più caldo della "ministeriale" della prossima settimana, quello su cui si gioca la partita Italia-Francia, ovvero quello dei "lanciatori", i missili utilizzati per inviare nello spazio satelliti, sonde interplanetarie, moduli di rifornimento per le basi spaziali orbitanti o altro. Italia e Francia sono entrambi al vertice mondiale della progettazione dei lanciatori, ma lo scorso anno poco dopo la firma tra Colao e Le Maire di un accordo sullo sviluppo congiunto dei propulsori modello Ariane 6, stipulato proprio in virtù del Trattato del Quirinale, la Francia ha annunciato lo sviluppo di Maia, un piccolo lanciatore riutilizzabile realizzato dal colosso franco-tedesco ArianeGroup. Questo progetto si pone in diretta concorrenza con l'italiano Vega, prodotto dalla Avio (Leonardo) con i soldi del Pnrr "delegati" in parte all'Esa e la cui commercializzazione è affidata in via esclusiva alla francese Arianespace. Una fregatura colossale alla quale aveva cercato di mettere una pezza l'allora premier Draghi che chiese invano a Parigi di coinvolgere anche l'industria italiana nella realizzazione del progetto Maia. Ora tocca a Urso far valere le ragioni italiane tenendo conto che il nostro Paese stavolta dovrebbe contribuire ai progetti dell'Esa con un budget di 2,8 miliardi. Parte di questi soldi deriva dalle risorse annuali già a disposizione dell'Agenzia spaziale italiana, ma la legge di Bilancio da approvare entro fine anno deve trovare un altro miliardo. 

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