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Vladimir Putin, le voci scuotono il Cremlino: chi si schiera contro lo zar

 Vladimir Putin

Renato Farina
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Siamo in grado di rivelare che per una volta ci hanno salvato la Cia e i leader polacchi. Due entità che nessuno ha mai osato qualificare come pacifiste e tantomeno moderate. Ma ieri è andata così. Deo gratias. Nella serata di martedì e poi nelle prime ore di mercoledì era stata sfiorata - com' è noto- la tragedia assoluta, a causa dei missili russi esplosi in Polonia nel villaggio rurale di Przewodów, causando due morti. Fonti ufficiose di alcuni governi baltici, e soprattutto ufficiali e media polacchi, avevano istantaneamente propalato la tesi di «provocazione deliberata». Volodomir Zelensky concordava, auspicando una risposta immediata da parte della Nato, che avrebbe dovuto pestare direttamente coi suoi scarponi il campo di battaglia. L'ombra dell'art.5 si era palesata a questo punto come il fantasma di Banko. La Polonia avrebbe innescato il meccanismo del Trattato che prevede, in caso di aggressione ad uno Stato membro, la risposta anche militare degli altri Paesi del Patto? La pistola fumante, del resto, giaceva a terra e incastrava a prima vista Mosca: roba russa, acciaio delle ferriere degli Urali.

 

 

«COLPA MORALE» - Riunione immediata a Bruxelles del Consiglio atlantico, con gli ambasciatori dei 30 Stati membri, convocata su richiesta di Varsavia. Ed ecco Washington mettere in funzione i mezzi antincendio: alle 23 ora italiana un portavoce ufficiale del Pentagono smussa le certezze infauste, aziona gli idranti, prende tempo: «Non possiamo confermare la provenienza dalla Russia dei missili». Ovvio, si sono sentiti con Mosca: non è roba nostra quel missile, sono «provocazioni di chi vuole l'escalation». Segno che c'è stato un intreccio di comunicazioni ad alto livello. Provocazioni? Verrebbe da dire: senti chi parla. Mentre a Bali si discuteva di proposte di pace, avete tirato addosso al popolo ucraino almeno 85 missili ultra potenti. In realtà tirandoli in faccia ai leader del G20, Cina e India comprese. Intanto si ritrovano presidenti e premier dei Paesi Nato. Tengono il punto ma non perdono la trebisonda. Condannano la Russia. Giorgia Meloni, con logica millimetrica, annota che se si tirano missili micidiali con obiettivi prossimi al confine, è contemplato dalla statistica che un razzo - sia esso dell'aggressore o dell'aggredito - alla fine esploderà in casa d'altri. La colpa è sempre di chi aggredisce. Ma l'Alleanza Atlantica non convoca Putin dietro il convento dei carmelitani scalzi per il duello all'ultimo sangue.

Abbiamo insomma assistito a una doppia frenata, decisa in contemporanea dai lati opposti del fronte: "Improbabile l'aggressione deliberata. Un incidente, i due razzi probabilmente sono stati sparati di Kiev", s' ode a Bali uno squillo di Biden. Dal Cremlino risponde uno squillo di Putin: "In questo caso, dobbiamo notare la moderazione, la reazione contenuta e più professionale dalla parte americana". A dirlo è Dmitry Peskov, il portavoce dello Zar. La rapidità e il tono delle rispettive dichiarazioni significa che non è contemplata né dalla super-potenza americana né dalla (ex) superpotenza russa l'organizzazione dell'Armageddon. Prudenza reciproca di fronte alla mossa fatale. Perderebbero tutti, noi compresi. Si chiama fattore H (vedi bomba H e Hiroshima). Mosca ha una scorta di 6200 ordigni nucleari e una dotazione di missili ipersonici in grado di svellere qualsiasi armatura. La Nato quasi. Che si fa? Si va ai materassi? No, non con Putin. Bisogna tenerselo. In questo momento - ed è qui che le informazioni della Cia hanno pesato - chi vuole la guerra a tutti i costi sono gli apparati, in particolare i settori d'élite dei servizi segreti russi. Sono totalmente fuori controllo. Ragioni di rivalsa ma anche di obbedienza a oligarchi che in questo momento stanno facendo affari con la guerra.

 

 

CONTROPOTERE RUSSO - L'Fsb (ex Kgb) era stata punita per le sue cattive analisi sull'"operazione speciale": e il presidente ha umiliato in mondovisione e poi cacciato il suo capo, e con lui la filiera degli alti ufficiali che conservano però un potere occulto. Il Gru (servizio segreto militare, il più temuto) è rimasto intatto, ispira timore anche lassù al Cremlino. I servizi russi oggi anti-Putin hanno da anni imbottito di loro "risorse" le agenzie di intelligence ucraine e l'esercito. Quello accaduto a Przewodów potrebbe essere allora non un incidente per troppa foga difensiva, ma un atto premeditato da chi sta accumulando capitali immensi, mandando a crepare i povericristi di entrambi gli schieramenti. Da qui la convinzione che oggi Putin sia in cerca di ganci per tirare fuori la Russia da questo inferno in cui è precipitata la sua anima, e perciò il solo con cui trattare un 8 settembre che non sia umiliante per Putin, anche se non se lo merita. Zelensky non è d'accordo, nonostante sia stato catechizzato da Kissinger che gli ha spiegato come debba prepararsi ad accettare di aver perso per sempre la Crimea: se ne farà una ragione, scommettono a Washington. Si pensava che la pace - tesi di Romano Prodi - potesse arrivare solo da un accordo Usa-Cina. Più probabile che esca da un patto Cia-Kgb. Che cosa si sono detti i capi dei servizi di Washington e di Mosca (quelli fedeli a Putin) nei giorni scorsi ad Ankara? Diplomazia non ufficiale, deep diplomacy, quella che sola può aprire una strada per uscire da questo pantano insanguinato. 

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