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Xi Jinping, i maiali fabbrica di virus: "Da lì verrà la nuova peste globale"

Mirko Molteni
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A guardarlo da fuori sembra un palazzo di uffici o un edificio residenziale. Invece, il grattacielo di 26 piani che sorge alla periferia di Ezhou, cittadina della provincia dell'Hubei in Cina, è un enorme allevamento di maiali. Il più grande al mondo, all'interno di un singolo edificio. A pieno regime, sarà in grado di "sfornare" un milione e 200mila maiali l'anno. Nati, allevati e macellati senza mai essere usciti anche solo per un attimo da quei 26 piani di cemento armato. L'artefice dell'ennesima follia cinese è la Zhongxin Kaiwei, colosso del cemento con decine di stabilimenti nelle province dell'Hubei e dell'Henan. Cina profonda, lontana dalla maestosità della Muraglia, dalla Città Proibita di Pechino e dalle luci sfavillanti di Shanghai.

 

 


INVESTIMENTI

Quando, sul finire del decennio scorso, il business dell'edilizia ha subito un brusco rallentamento nel Paese, l'azienda ha pensato di diversificare i suoi investimenti, individuando negli allevamenti intensivi di animali un settore nel quale usare i propri materiali da costruzione per realizzare fattorie verticali di più e più piani.
Quella di Ezhou è stata realizzata con una spesa di 4 miliardi di Yuan (pari a circa 535 milioni di euro) proprio accanto a una delle fabbriche di cemento della Zhongxin Kaiwei. A mesi sarà completata con la costruzione di un secondo edificio identico a quello già entrato in funzione durante lo scorso mese di ottobre con l'arrivo delle prime 3.700 scrofe. A regime, i due grattacieli potranno ospitare contemporaneamente fino a 650mila suini su una superficie di corca 800mila metri quadrati, con uno spazio pro-capite di poco superiore al metro quadrato per animale.

Una control room collegata a centinaia di telecamere controlla la ventilazione e la temperatura degli ambienti, oltre che la fornitura di cibo agli animali, che avviene attraverso 30mila mangiatoie automatiche. L'elevata automazione permette di contenere nell'ordine delle centinaia il numero di addetti, che devono sottoporsi a un rigido protocollo di test e di disinfezione per poter accedere alla struttura, dalla quale non possono uscire fino al termine del loro turno settimanale, dormendo e trascorrendo il loro tempo libero in spazi e alloggi ricavati all'interno della fattoria. L'enorme quantità (tonnellate) di escrementi prodotti ogni giorno dalle bestie viene trattata per generare biogas, usato per ricavare elettricità e riscaldare l'acqua e gli ambienti all'interno del complesso. Strutture come quella di Ezhou (ma nessuna di quelle proporzioni) hanno iniziato a prendere piede in Cina a partire dal 2019, quando il ministero dell'Agricoltura e degli Affari Rurali ha dato il via libera ad allevamenti ultra-intensivi di maiali per compensare le perdite di capi riportate nel Paese tra il 2018 e il 2020 a causa di una devastante epidemia di febbre suina africana che ha provocato la morte di almeno cento milioni di maiali. I cinesi sono particolarmente ghiotti di quel tipo di carne, al punto che il 50% del consumo mondiale di carne suina avviene proprio sulle loro tavole.

 

 

 

PERICOLI

I sostenitori delle mega-fattorie, come Zhu Zengyong dell'Accademia cinese di Scienze animali, osservano che «rispetto agli allevamenti tradizionali, le fattorie verticali garantiscono maggiore biosicurezza, oltre a consentire un notevole risparmio di suolo. Ciò dovrebbe avere l'effetto di elevare gli standard in tutto il settore degli allevamenti suini, inclusi quelli tradizionali». I detrattori, però, intravvedono pericoli gravissimi: «È vero che gli allevamenti verticali possono annullare l'interazione tra animali domestici e selvatici, che sono più spesso portatori di malattie. Ma se per un qualche motivo un virus dovesse riuscire a penetrare in queste strutture, l'estrema concentrazione degli animali porterebbe a una sua diffusione rapidissima e senza via d'uscita, se non con l'uccisione di tutti i capi», spiega Matthew Hayek della New York University, mentre Dirk Pfeiffer, professore alla City University di Hong Kong mette in guardia dall'elevato "rischio di mutazioni cui un virus potrebbe andare incontro trasmettendosi in breve tempo a centinaia di migliaia di animali». E, purtroppo, quella della Cina e di virus animali mutati in grado di colpire l'uomo è una storia che abbiamo sentito già tante, troppe volte.

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